Fumare in gravidanza: quali sono le conseguenze

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I pericoli associati al fumo in gravidanza sono molto significativi e comportano un aumento di rischio di parto prematuro, di aborto spontaneo e di gravidanza extrauterina. La nicotina così come le altre sostanze tossiche inalate con la sigaretta, riescono ad arrivare al feto

I pericoli associati al fumo in gravidanza riguardano sia la donna che il bambino. Quando si fuma vengono inalate oltre 4mila sostanze dannose, che dai polmoni della mamma raggiungono il flusso sanguigno raggiungendo il feto, attraverso la placenta e il cordone ombelicale.

Fra le conseguenze si verifica una riduzione dell’apporto di ossigeno, essenziale per la corretta crescita del bambino. Ma tante altre sono le conseguenze a cui si può andare incontro. Il portale sul fumo, la pagina a cura del Ministero della Salute, elenca i rischi maggiori.

Il fumo della madre, durante la gravidanza, è una delle cause di aborto spontaneo, di parto prematuro, così come di aumento della mortalità e morbilità perinatale e infantile. È stato stimato che i figli di madri fumatrici hanno un eccesso di rischio del 70% di avere malattie delle basse vie respiratorie rispetto ai bambini figli di madri non fumatrici.

Il fumo materno durante la gravidanza, inoltre, è la principale causa di morte improvvisa del lattante (Sudden infant death syndrome, SIDS) e di altri effetti sulla salute, incluso il basso peso alla nascita e una ridotta funzionalità respiratoria. L’asma, la malattia cronica più comune nei bambini, è più frequente tra i bambini i cui genitori fumano.

Il fumo passivo è inoltre un fattore di rischio per l’induzione di nuovi casi di asma e per l’esacerbazione dell’asma in bambini con malattia stabilizzata. Le madri che fumano hanno meno latte e di minore qualità rispetto alle non fumatrici e la produzione di latte nel tempo è più breve.

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E’ di fondamentale importanza, quindi, che una donna in gravidanza, smetta di fumare. La raccomandazione migliore sarebbe quella che  i familiari della futura mamma, in primo luogo l’altro genitore, decidano di smettere di fumare. Un’occasione, quella della gravidanza, per guadagnarci in salute.

I danni del fumo sul feto

La conseguenza diretta dell’impatto del fumo sul feto, è una sostanziale riduzione dell’apporto di ossigeno, che è invece essenziale per la corretta crescita del bambino. La maggior colpevole della carenza di ossigeno è proprio l’anidride carbonica prodotta dalla combustione del tabacco. Ad essere compromesso pertanto è il corretto sviluppo dei polmoni.

Come se non bastasse il cuore del bambino deve pompare con maggiore frequenza per tentare di sopperire alla carenza di ossigeno e al malfunzionamento dei polmoni. Il monossido di carbonio, inoltre, che è in grado di attraversare la placenta insieme ad altre sostanze cancerogene prodotte durante la combustione, può interferire con il normale sviluppo degli organi fetali. Soprattutto nelle prime settimane di gravidanza ciò causa un significativo aumento dell’incidenza delle malformazioni fetali.

La nicotina può determinare anche una diminuzione del flusso placentare e causare un minore apporto di sostanze nutrizionali al feto. Questo comporta che il piccolo non ricevendo ciò di cui ha bisogno, subisce una restrizione patologica del suo accrescimento e del suo peso alla nascita. Il fumo continua a far male anche dopo la gravidanza, la nicotina riesce ad arrivare al bambino anche attraverso il latte materno. Per questo motivo una donna che smette di fumare in gravidanza deve continuare anche durante l’allattamento.

I pericoli del fumo passivo

Non è solo il fumo della mamma durante la gravidanza a creare danni al nascituro ma anche il fumo passivo. Per una donna incinta non fumatrice i danni causati dal fumo passivo potrebbero essere anche più gravi di quelli causati al feto da una fumatrice.

Un’analisi realizzata nel 2014 da ricercatori americani ha valutato i dati di oltre ottantamila donne che avevano partecipato a un grande studio negli Stati Uniti (noto come Women’s Health Initiative). I ricercatori hanno concluso che una non fumatrice esposta a fumo passivo prima e durante la gravidanza ha un rischio più alto del 17% di andare incontro ad aborto spontaneo, del 55% di dare alla luce un bambino morto e del 61%, di gravidanza ectopica. Rischi che appaiono addirittura più alti rispetto a quelli a cui va incontro una fumatrice.

E’ stato stimato che per le donne che fumano, le probabilità di incorrere in queste complicanze sono rispettivamente del 16% per il rischio di un aborto spontaneo, del 44% per dare alla luce un bambino morto e del 43%  per una gravidanza ectopica. A livello legislativo con l’articolo 51 della Legge 3/2003 sulla “Tutela della salute dei non fumatori”, l’Italia è stato il primo paese Europeo ad introdurre la regolamentazione del fumo in tutti i luoghi chiusi pubblici e privati, compresi i luoghi di lavoro. Una normativa che è nata per tutelare tutte le persone ma soprattutto i soggetti fragili, dall’esposizione al fumo passivo, un pericolo molto diffuso.

Per fumo passivo s’intende l’inalazione involontaria di fumo di tabacco disperso nell’ambiente, il cosiddetto “tabacco di seconda mano” che comporta l’inalazione involontaria delle sostanze cancerogene e degli altri componenti tossici contenuti nelle sigarette. L’esposizione al fumo passivo è un problema mondiale ed è considerato un fattore di rischio per la salute, in particolare per le donne in gravidanza e per i bambini, specialmente per le malattie respiratorie nel primo anno di vita.

L’esposizione prenatale al fumo passivo di sigaretta è stata a lungo associata a riduzione della crescita fetale, nascita pretermine, asma ed obesità infantile e a conseguenze a lungo termine sullo stato di salute psicologico del nascituro.

I bambini, le cui madri sono state esposte al fumo passivo durante la gravidanza, presentano più frequentemente respiro sibilante fino all’età di 2 anni, rispetto ai bambini non esposti.

Il Report del Surgeon General “The Health Consequences of Involuntary Exposure to Tobacco Smoke”, pubblicato nel 2006, raccoglie le evidenze scientifiche sugli effetti nocivi per la salute causati dal fumo passivo, che sono sintetizzate nelle conclusioni del documento:

  • il fumo passivo causa morte prematura e malattia nei bambini e negli adulti che non fumano;
  •  i bambini esposti al fumo passivo hanno un rischio aumentato di sindrome della morte improvvisa del neonato (SIDS), infezioni respiratorie acute, problemi dell’orecchio e aggravamento dell’asma.

In gravidanza vietata anche la sigaretta elettronica

Attualmente gli studi scientifici sono pochi ma considerando che attraverso la sigaretta elettronica si inala la nicotina e che quest’ultima riesce ad arrivare e oltrepassare la placenta, sarebbe consigliabile per le donne incinte, non utilizzare neanche la sigaretta elettronica. Inoltre, è possibile che le varie sostanze contenute negli aromi possano irritare le vie aeree, soprattutto se c’è sensibilità da parte della donna.

Quante donne fumano in gravidanza?

Un’indagine condotta dall’Istituto Superiore di Sanità e presentata nel rapporto Istisan, “Percorso nascita: promozione e valutazione della qualità di modelli operativi” ha indagato sull’abitudine al fumo in gravidanza mettendo in luce su 4953 donne che aveva dichiarato di essere fumatrice prima della gravidanza, che il 70% ha smesso di fumare durante la gravidanza, il 18% ha ripreso dopo tre mesi dal parto ed il 30% dopo un anno.

Sebbene questi dati possano risentire di una sottostima in quanto auto dichiarati attraverso le interviste e non oggettivamente misurati, confermano che l’esperienza di una gravidanza motiva e induce fortemente le donne a comportamenti e stili di vita più salutari. Complice anche l’importanza attribuita all’allattamento al seno che continua a fare da deterrente e spingere le mamme a non riprendere la sigaretta neanche dopo il parto.

Infatti, sempre stando al rapporto “Istisan” dall’intervista effettuata 3 mesi dopo il parto emerge che:

Tra le donne che in gravidanza avevano smesso, dichiara di fumare il 10,5% delle donne che allattano al seno e il 36,1% delle donne che non allattano.

Tra le donne che in gravidanza avevano continuato a fumare, dichiara di fumare il 51,5% delle donne che allattano al seno e il 90% delle donne che non allattano.

Le cose cambiano leggermente nell’intervista somministrata 12 mesi dopo il parto. In questo caso, emerge che:

Tra le donne che in gravidanza avevano smesso, dichiara di fumare il 17,1% delle donne che allattano al seno e il 35,8% delle donne che non allattano.

Tra le donne che in gravidanza avevano continuato a fumare, dichiara di fumare il 46% delle donne che allattano al seno e il 76% delle donne che non allattano.

I dati indicano che prolungare l’allattamento al seno induce anche ad una maggiore astinenza dal fumo e di conseguenza più esteso sarà il periodo di allattamento, maggiori saranno le probabilità di smettere definitivamente di fumare.