Rateizzazioni, rottamazioni, sanatorie, rinvii: i modi per fare la pace con il Fisco per le tasse non versate
Ricevere a casa una raccomandata in busta verde di solito non è un buon segno. È piuttosto probabile che si tratti di una cartella esattoriale, nel gergo è una cartella di pagamento. Un “invito” da parte dell’Ufficio Riscossione di Agenzia delle Entrate che richiede il pagamento delle somme risultate a debito del contribuente a seguito dell’attività di controllo di un qualsiasi ente creditore.
Nel corso degli ultimi anni si sono susseguite varie sanatorie-rottamazioni o concessioni di patteggiamenti, soprattutto per somme di debito molto elevate dovute a tasse non pagate. A causa dell’emergenza sanitaria da pandemia le procedure di recupero crediti negli ultimi anni si sono fatte ancora più elastiche.
L’ultimo condono delle cartelle esattoriali risale proprio al 2021. Una decisione che ha annullato in automatico i debiti di importo residuo fino a 5mila euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni.
Come e quando rateizzare le cartelle esattoriali
Il debito può essere rateizzato. La rateizzazione delle cartelle esattoriali è prevista dall’articolo 19 del decreto 602 del 1973. Viene concessa dall’Agente della riscossione ai soggetti che ne fanno richiesta, in base alla soglia di debito ed alle condizioni economiche dichiarate o documentate. Sono, quindi, previste diverse tipologie di rateizzazione.
La rateizzazione della cartella esattoriale può essere richiesta in presenza di una temporanea situazione di obiettiva difficoltà ad adempiere mediante apposita istanza presentata all’Agente della riscossione. I moduli per presentare richiesta di rateizzazione sono disponibili sull’apposita pagina delle Entrate.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente
Come procedere per rateizzare le tasse non pagate:
- Se l’importo del debito è superiore a 60mila euro occorre documentare la temporanea situazione di obiettiva difficoltà;
- La rateazione del pagamento può essere concessa fino ad un massimo di 72 rate mensili;
- In caso di grave e comprovata situazione di difficoltà non imputabile al debitore, legata alla congiuntura economica, la dilazione può essere concessa fino a un massimo di 120 rate mensili;
- Su richiesta, il piano di rateazione può prevedere, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno;
- In caso di comprovato peggioramento della temporanea situazione di oggettiva difficoltà economica, la dilazione può essere prorogata una sola volta, fino a 72 mesi, a condizione che non sia intervenuta decadenza.
Quando non posso rateizzare la cartella esattoriale
L’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 ha reso più flessibile il percorso di rateizzazione delle cartelle esattoriali. La decadenza dal beneficio della rateazione si verifica in caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di un determinato numero di rate anche non consecutive. Per via della crisi pandemica sono stati prorogati i termini della decadenza.
Allo stato attuale funziona come nei seguenti casi:
- Per le rateizzazioni in essere all’8 marzo 2020 (21 febbraio nel caso di soggetti residenti nella cosiddetta ex “zona rossa”), la decadenza si verifica dopo il mancato pagamento di 18 rate anche non consecutive (come previsto dal “Decreto Fiscale”);
- Per le rateizzazioni concesse dopo l’8 marzo 2020 e richieste fino al 31 dicembre 2021, la decadenza si concretizza al mancato pagamento di 10 rate anche non consecutive (come previsto dal “Decreto Ristori”);
- Per le rateizzazioni presentate e concesse successivamente al 1° gennaio 2022, la decadenza scatta dopo il mancato pagamento di 5 rate anche non consecutive.
Cosa succede dopo la decadenza della rateizzazione?
In tutti i casi, quando scade il beneficio della rateizzazione del debito, succede che:
- L’Agenzia delle Entrate può pretendere l’importo residuo, per intero, in unica soluzione;
- Oppure, c’è la possibilità di rateizzare nuovamente il debito residuo, solo se, all’atto della presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data sono integralmente saldate. In questo caso, il nuovo piano di dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla medesima data. (Per la decadenza verificatasi prima dell’8 marzo 2020, resta fermo quanto previsto dalle specifiche disposizioni emanate per contrastare l’emergenza sanitaria da Covid-19).
Cosa succede per le cartelle esattoriali sospese a causa della pandemia
Le cartelle esattoriali notificate dal 1° settembre 2021 al 31 marzo 2022 andavano pagate entro 180 giorni, quindi massimo nell’autunno 2022, quello corrente.
Dal 1° aprile 2022 sono invece ri-entrate in vigore le norme ordinarie. Ciò significa che per le cartelle notificate dal 1° aprile 2022 si è tornati al termine di pagamento standard di 60 giorni dalla data di notifica (giugno 2022).
Il decreto Milleproroghe, tuttavia, ha riaperto, fino al 30 aprile, i termini per presentare istanza di dilazione per quanti sono decaduti dalla rateazione pre-Covid. E la legge di conversione del decreto Sostegni ter ha riscritto il calendario per versare le rate 2020, 2021 e 2022 di rottamazione ter e saldo e stralcio.
Dunque mettiamo i piedi nel piatto: per le cartelle dal 1° gennaio al 31 marzo di questo anno la legge di Bilancio 2022 ha prorogato i termini per l’adempimento entro 180 giorni, senza interessi di mora.
Le scadenze prossime, rimaste in calendario, sono le seguenti:
– il 30 novembre 2022, relativamente alle rate in scadenza nell’anno 2022.
Ricordiamo che il primo settembre 2021 sono ripartite le notifiche di pagamento che erano state sospese a causa del covid. Ma l’Agenzia delle Entrate ha concesso ulteriori proroghe per chi ha avuto oggettive difficoltà. Così, per gli atti scadenti nel 2020 la proroga è stata estesa fino al 31 dicembre di quest’anno. Per gli atti scadenti nel 2021, si potrà attendere ancora fino al 31/12/2023.
Come funziona una cartella esattoriale
La procedura di riscossione funziona nel seguente modo. Le somme che risultano dovute a seguito dei controlli effettuati dagli enti creditori vengono iscritte a ruolo (il ruolo è un elenco che contiene i nominativi dei debitori, la tipologia del credito e le relative somme dovute).
Il ruolo formato dall’ente creditore viene trasmesso all’Agenzia delle Entrate-Riscossione che provvede a predisporre e notificare le cartelle, nonché a riscuotere le somme indicate.
L’agente della riscossione può, a seguito di istanza del contribuente, concedere la rateizzazione del debito.
In caso di mancato pagamento, o non tempestiva presentazione dell’istanza di rateizzazione o sospensione, l’Ufficio Riscossione dell’Agenzia delle Entrate avvia le procedure cautelari o esecutive per il recupero delle somme dovute.
Come leggere una cartella esattoriale
Una volta ricevuta la raccomandata, nella prima pagina del documento è indicato, in alto a sinistra, il numero identificativo dell’atto e, subito sotto, l’ente o gli enti creditori su incarico dei quali si procede all’emissione della cartella.
Nel lato in alto a destra, invece, sono riportati i dati del destinatario e l’eventuale indicazione della qualità di coobbligato. Il coobbligato è il soggetto tenuto al pagamento in pari grado insieme ad altro o ad altri soggetti.
Esempio: per il pagamento di un tributo riferito ad una abitazione con due proprietari, la cartella sarà emessa per entrambi i soggetti in qualità di coobbligati. L’integrale pagamento del debito da parte di uno dei due soggetti coobbligati salderà la cartella.
Sempre nella prima pagina sono riportati i riferimenti degli enti creditori che hanno affidato all’Agenzia delle entrate-Riscossione l’incarico di riscuotere i ruoli contenuti nella cartella di pagamento e ai quali è necessario rivolgersi per avere informazioni o approfondimenti sulla natura del tributo e sulla correttezza delle somme dovute (a sinistra).
La causale del debito (parte centrale) e la somma da pagare distinta per ente creditore e l’importo da corrispondere per il rimborso dei diritti di notifica (a destra).
Nelle pagine successive sono indicate le modalità per pagare, rateizzare, sospendere la riscossione, presentare ricorso nonché tutte le informazioni utili a prendere contatto con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Infine, nella pagina precedente alla relata di notifica, viene indicato da quale ente è stato emesso il ruolo e il dettaglio delle somme da pagare.
Non ci resta che piangere
Partiamo da una domanda: quanto vale l’evasione fiscale in Italia? Non è facile rispondere. È un dato che si può solo stimare e che nel giugno 2021 ha innescato polemiche a seguito delle dichiarazioni pubbliche del direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Ruffini. Ospite del Festival internazionale dell’economia di Torino, Ruffini aveva rivelato che 19 milioni di italiani non pagano le tasse. Numeri esagerati o interpretati male? Può darsi, perché subito dopo, il lancio dell’agenzia stampa Ansa è stato rettificato. Quei 19 milioni sarebbero le persone iscritte a ruolo, vale a dire destinatarie di almeno una cartella esattoriale.
Più realistico sembra invece l’ultimo dossier dal titolo “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva” diffuso dal Ministero delle finanze. Secondo questo articolato studio, tra il 2016 e il 2018 lo Stato italiano ha incassato in media oltre 94 miliardi di euro di imposte in meno ogni anno rispetto a quelle stimate.
Le imposte più evase sono l’Irpef da lavoratore autonomo (33,1 miliardi di euro) e l’Iva (34,4 miliardi di euro).
I dati Istat ci dicono che l’evasione fiscale ci è costata 211 miliardi di euro nel solo 2017, che corrisponde a un 12,1% del Pil (produzione nazionale). Una cifra enorme che si compone di un mosaico fatto di piccoli evasori (tanti) e grandi evasori (pochi, ma con cartelle e cifre da capogiro).
La contraddizione nelle politiche della riscossione sta tutta qui, ed è la causa del cortocircuito che si è innescato nel rapporto tra Fisco da una parte, e diritti e doveri dei cittadini contribuenti dall’altra. L’Italia è ancora legata all’immaginario collettivo restituito da quella scena del film iconico “Non ci resta che piangere”. Noi, comuni contribuenti, ci sentiamo come i poveri Troisi e Benigni davanti all’esattore, lo Stato, che preferisce raccogliere 1 fiorino oggi, che 100 fiorini evasi da un unico cittadino, che se la caverà patteggiando. Tuttavia, questa retorica del “controllate chi non fa gli scontrini e lasciate liberi i grandi evasori” non aiuta a responsabilizzare tutti i cittadini davanti al dovere di pagare le tasse per il sacrosanto diritto del bene di una collettività.