Un nuovo report pubblicato dall’associazione World Animal Protection, in collaborazione con Animal Equality, denuncia come alcuni dei più grandi marchi di fast-food internazionali non abbiano lavorato nella direzione indicata invece dagli impegni pubblici presi in passato circa la tutela del benessere dei polli utilizzati per la loro carne e coinvolti all’interno della catena di approvvigionamento. Ecco le peggiori catene in Italia
World Animal Protection commissiona il report The Pecking Order ogni anno dal 2019 per monitorare i progressi dei principali marchi di fast-food. A fare la peggio, nel nostro paese, ci sono Burger King, McDonald’s e Starbucks. Le aziende vengono valutate attraverso informazioni disponibili al pubblico sulla base di due pilastri fondamentali: la voce Impegni e Obiettivi (che riflette la portata e la completezza dell’impegno di un’azienda nei confronti del benessere dei polli in base ai criteri specifici delineati nello European Chicken Commitment per le aziende UE) e la voce Rendicontazione delle prestazioni (che riflette la misura in cui un’azienda ha attuato i propri impegni in relazione ai criteri dello European Chicken Commitment).
“I risultati di quest’anno ci dicono che alcune delle principali aziende alimentari del mondo stanno chiudendo un occhio sulla crudeltà degli animali che avviene su larga scala nelle loro catene di approvvigionamento, e di conseguenza stanno venendo meno agli impegni che si sono assunte. Le aziende hanno il potere di ridurre le sofferenze di miliardi di polli e, dopo quattro anni di valutazioni, è scioccante che continuino a ignorare i pareri scientifici e l’opinione dei consumatori su questo tema” commenta Alice Trombetta, Direttrice Esecutiva di Animal Equality Italia.
Il report annuale valuta le aziende e i marchi iconici dei fast-food internazionali in base al loro approccio al benessere dei polli nelle loro catene di approvvigionamento. Nessuna azienda ha tuttavia ricevuto un punteggio complessivo di livello 1 (leader), 2 (buono) o addirittura 3 (in fase di sviluppo) ma l’89% delle aziende ha ricevuto un punteggio di livello 6, molto scarso, non avendo assunto alcun impegno in materia di benessere dei polli da carne. Non solo. Le informazioni raccolte nel report ci dicono che la maggior parte della carne di pollo servita in questi noti fast-food proviene da polli che vivono in ambienti insalubri, affollati e senza luce naturale. Molti di loro soffrono di zoppie gravi e lesioni cutanee;
World Animal Protection e Animal Equality esortano l’industria alimentare a impegnarsi a modificare le proprie policy globali per ridurre drasticamente le sofferenze di miliardi di polli. In particolare, le aziende sono tenute a:
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Utilizzare razze a lento accrescimento. Le attuali razze a rapido accrescimento infatti portano i polli a crescere eccessivamente in sole sei settimane. Questo ritmo di crescita accelerato, combinato con bassi livelli di luce e spazio insufficiente per muoversi, porta a gravi problemi di salute, tra cui insufficienza cardiaca e polmonare, debolezza muscolare e zoppie;
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Assicurarsi che i polli abbiano lo spazio necessario per esprimere appieno i propri comportamenti naturali negli allevamenti, diminuendo quindi la densità nei capannoni;
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Dare a questi animali l’opportunità di assumere comportamenti naturali attraverso gli arricchimenti ambientale – compresi posatoi o piattaforme e oggetti da beccare -, l’illuminazione naturale e una migliore gestione della lettiera;
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Assicurarsi che i polli siano macellati con metodi che evitino l’inversione a testa in giù dell’animale, che provoca loro un principio di soffocamento quando sono ancora coscienti; fondamentale anche lo stordimento adeguato e completo prima della macellazione.