È possibile rifiutare di sottoporsi all’alcool test? Certo, è possibile, ma il conducente non ne trae alcun beneficio. Per chi si rifiuti di sottoporsi all’alcool test è prevista la massima tra le sanzioni penali previste.
Sottoporsi all’alcool test , qualora la richiesta sia legittima, è obbligatorio in linea teorica. Diciamo “in linea teorica” perché non è prevista alcuna coercizione fisica perché il conducente si sottoponga all’alcool test, motivo per il quale può a tutti gli effetti rifiutare. Bisogna sapere, però, che qualora la richiesta delle autorità sia da considerarsi legittima, rifiutare di sottoporsi all’alcool test costituisce reato (articolo 186, comma 7, Codice della Strada), punibile con l’ammenda e la detenzione da 6 mesi a 1 anno.
Quando può essere richiesto l’alcool test?
Gli organi di Polizia stradale possono procedere all’accertamento mediante l’etilometro (anche accompagnando il conducente presso il più vicino ufficio o comando) quando:
- abbiano sottoposto i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili, e tali accertamenti abbiano dato esito positivo. Per l’accertamento della guida in stato di ebbrezza vi è quindi, solitamente, un’iniziale valutazione complessiva del guidatore. Il corretto modus operandi prevede che la fase di accertamento del superamento della soglia alcolemica avvenga per gradi, partendo da un controllo “qualitativo”, per il tramite di “figure sintomatiche”. Limitandosi ad osservare il conducente del veicolo gli agenti possono ritenere che il soggetto in questione abbia assunto alcool. Se dovessero emergere elementi rilevanti dovranno essere indicati nel verbale;
- in ogni caso d’incidente;
- quando si abbia motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione psicofisica derivante dall’influenza dell’alcool.
Se invece i conducenti sono coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche, l’accertamento del tasso alcolemico viene effettuato, su richiesta degli organi di Polizia stradale, dalle strutture sanitarie di base o da quelle accreditate/ a tali fini equiparate. Le strutture sanitarie rilasciano agli organi di Polizia stradale la relativa certificazione, estesa alla prognosi delle lesioni accertate.
L’accertamento dello stato di ebbrezza avviene tramite apposito strumento, l’etilometro, anche gergalmente conosciuto come “test del palloncino“. Lo scopo è quello di analizzare l’aria alveolare espirata con l’apparecchio traducendolo, con una formula matematica, nel tasso corrispondente che in quel momento è in circolazione nell’organismo.
Il risultato appare immediatamente visibile sul display dello strumento ed è espresso da un numero decimale, che indica il valore in grammi dell’alcol presente in ogni litro di sangue.
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Cosa accade, concretamente, se ci si rifiuta di sottoporsi all’alcool test?
La legge prevede che, al conducente che si rifiuti di sottoporsi all’alcool test, si applichi la sanzione più grave delle due ipotesi rientranti nel penale. La sua condotta viene pertanto, a tutti gli effetti, assimilata a quella di chi viene trovato con il tasso alcolemico più alto. Ma quali sono le soglie e le sanzioni previste dalla legge?
- da 0,51 a 0,8 g/l
-pena principale: sanzione amministrativa di 531 €
-pena accessoria: decurtazione di 10 punti dalla patente / sospensione patente da 3 a 6 mesi;
- da 0,81 a 1,5 g/l
-pena principale: ammenda da 800 a 3.200 €
-pena accessoria: decurtazione di 10 punti dalla patente / sospensione patente da 6 a 12 mesi;
- da 1,5 g/l in poi
-pena principale: ammenda da 1.500 a 6.000 €
-pena accessoria: decurtazione di 10 punti dalla patente /sospensione della patente da 1 a 2 anni; confisca dell’auto.
Gli importi di queste ammende sono aumentati da un terzo alla metà nei casi di guida di notte, tra le 22 e le 7.
Mentre nel primo caso, quindi, ci troviamo di fronte una sola sanzione amministrativa, negli ultimi due scatta il reato di guida in stato di ebbrezza. Per “stato di ebbrezza” si intende una condizione di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze alcoliche, in grado di modificare il comportamento dei soggetti che si trovano in tale condizione. La conseguenza di tale stato è una percezione distorta della realtà, un peggioramento delle facoltà intellettive e un rallentamento dei riflessi, combinazione evidentemente molto pregiudicante nel momento in cui ci si metta alla guida di un veicolo. Nonostante si tenda spesso a fare confusione con il similare concetto di “ubriachezza”, quest’ultima viene considerata come temporanea alterazione mentale conseguente a intossicazione per abuso di alcool e si manifesta con il difetto della capacità di coscienza. È, a tutti gli effetti, una condizione di “ebbrezza estrema”.
Pur considerando che rifiutare di sottoporsi all’alcool test rappresenta reato, forse non tutti conoscono il concetto di “tenuità del fatto” introdotto più o meno recentemente nel codice penale. Vediamolo nel dettaglio.
La particolare tenuità del fatto
Il meccanismo di “tenuità del fatto” riguarda i reati penali con pena inferiore ai 5 anni (con o senza sanzione pecuniaria), che può essere di fatto applicato a colui che rifiuti di sottoporsi all’alcool test. Viceversa, il principio di tenuità del fatto non può essere applicato a coloro che vi si siano sottoposti e abbiano ottenuto un tasso “minimo” (fino a 0.8 g/l), per la cui ipotesi è prevista la sola sanzione amministrativa, rappresentando un autentico paradosso del sistema giudiziario. La tenuità del fatto prevede in sostanza l’archiviazione immediata del procedimento e la mancata applicazione della pena,nonostante la fedina penale rimane comunque intaccata. La Corte Suprema ha concretamente stabilito che chi rifiuta l’alcool test può comunque beneficiare della giustificazione per “tenuità del fatto” (definita dai tecnici del diritto “causa di non punibilità”) e, così, vedere archiviato il proprio fascicolo. Nel caso in cui un conducente rifiuti di collaborare, pertanto, le Sezioni Unite della Cassazione prevedono che:
- nulla esclude che si possa applicare a tale soggetto la “particolare tenuità del fatto”;
- se ha commesso un incidente, per quanto si applichi la sanzione più grave delle tre, non scatta anche l’aggravante prevista per chi, messosi alla guida in stato di ebbrezza, provoca un sinistro stradale.
Le circostanze andranno valutate, quindi, caso per caso. È chiaro che l’aver riscontrato i sintomi tipici dell’ebbrezza, congiuntamente al rifiuto di sottoporsi all’alcool test, potrebbero bastare per il mancato riconoscimento della tenuità del fatto. Com’è ampiamente concordato in giurisprudenza, ormai, lo stato di ebbrezza alcolica può essere di fatto determinato anche senza una verifica strumentale (esami del sangue o etilometro).
Quando è possibile contestare i risultati di un alcool test?
Tenendo presente che il risultato positivo dell’etilometro costituisce prova certa della sussistenza dello stato di ebbrezza, è possibile contestare in alcuni casi i risultati del test. La difesa dell’imputato potrà infatti fornire prove contrarie al test, con riferimento ad eventuali irregolarità nelle operazioni o nella verbalizzazione, difetti nello strumento utilizzato o l’assunzione da parte del guidatore di farmaci ad elevata componente alcolica idonea ad influenzare l’esito del test.
In quanto alle irregolarità, bisogna in primo luogo sapere che la polizia giudiziaria, previa somministrazione dell’alcool test, deve dare avviso alla persona sottoposta alle indagini della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia (ai sensi dell’art.114 c.p.p.). Tale avviso deve essere fornito anche qualora, in seguito a sinistro stradale, l’alcool test venga eseguito dagli operatori di una struttura sanitaria come atto urgente richiesto dalla polizia giudiziaria in modo che non gli venga mai negato il suo diritto alla difesa. Se, viceversa, gli operatori sanitari svolgono autonomamente il test secondo il protocollo di pronto soccorso della struttura ospedaliera, non sussiste alcun obbligo di avviso al paziente. I risultati del prelievo ematico saranno, comunque, utilizzabili nel processo per l’accertamento del reato.
Bisogna tener presente che, in ogni caso, la polizia non è tenuta ad attendere l’arrivo del legale, anche qualora questi sia stato informato e intenda partecipare. Di fatto, come più volte è stato chiarito in merito, l’alcool test è un atto di polizia giudiziaria urgente e indifferibile e impone agli agenti di procedere con tempestività, pur dando avviso alla persona che vi sia sottoposta della facoltà di farsi assistere da un difensore. La necessità di procedere immediatamente è legata al fatto che il tasso alcolemico tende, naturalmente, a subire variazioni nel tempo; l’attesa prolungata di un difensore potrebbe inficiare la validità del test. La Suprema Corte ha tuttavia precisato che «questo naturalmente non preclude all’indagato, preavvertito della facoltà, di mettersi in contatto con il difensore, di chiedere e ricevere i consigli del caso; né impedisce al difensore di essere presente all’accertamento, se, ad esempio, si trovi nelle vicinanze del luogo in cui si stia procedendo al medesimo e sia in grado di intervenire nello spazio di pochi minuti e di esercitare la difesa, ad esempio richiedendo la verbalizzazione di eventuali osservazioni riguardanti i presupposti e le modalità di esercizio del potere da parte degli organi di polizia”.
Le Autorità che intendano sottoporre un utente della strada all’esame dell’alcool hanno inoltre l’obbligo di effettuare due verifiche ad intervallo almeno di cinque minuti l’una dall’altra e considerare rilevante quello riportante il valore inferiore.
Altre due questioni di cruciale importanza nella contestazione di un alcool test positivo riguardando i costrutti di omologazione e taratura, punti su cui si è ampiamente espressa la Cassazione. Citandola: “qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, è soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi a modifiche dei valori misurati dovute ad invecchiamento delle proprie componenti e ad eventi quali urti, vibrazioni, shock meccanici e termici, mutamenti della tensione di alimentazione”, eventualità che rendono intrinsecamente irragionevole l’esonero delle apparecchiature da verifiche periodiche.
Mancata omologa
Ogni apparecchio elettronico, sia esso di controllo della velocità che del tasso di alcool nel sangue, deve essere oggetto di una verifica preliminare, anteriore al suo primo utilizzo. Tale procedura viene definita omologa (o omologazione), e il suo scopo è verificare che lo strumento sia conforme alle caratteristiche tecniche fissate dalla legge e, quindi, sia in grado di funzionare correttamente.
Spetta al produttore dell’etilometro chiedere al Mit (Ministero dei Trasporti) l’omologazione. In seguito viene effettuata una verifica il cui esito positivo è imprescindibile per la concessione dell’omologa del prototipo. Da quel momento in poi, in caso di avvenuta omologa, le forze di polizia potranno acquistare l’etilometro e assumerlo nella propria dotazione d’impiego. Le conseguenze sono importanti: se manca l’omologa o questa viene smarrita la multa con l’alcool test è nulla. Prima di depositare il ricorso, quindi, è necessario presentare un’istanza di accesso agli atti amministrativi presso l’organo che ha elevato l’infrazione chiedendo di visionare il certificato di omologa. Altro punto fondamentale: l’omologa deve essere concessa all’effetivo produttore, e non ad un soggetto diverso che abbia poi ceduto la licenza a terzi.
Mancata taratura
Un secondo sistema per contestare la multa per guida in stato di ebbrezza ricorre quando l’alcool test non è stato sottoposto a controllo periodico di funzionalità, la sua cosiddetta “taratura“. Un’importante sentenza della Corte Costituzionale ha chiarito bene questo punto, sostenendo che tutti gli strumenti elettronici in dotazione della polizia devono essere sottoposti, almeno una volta l’anno (salvo diverse istruzioni contenute nel manuale d’uso rilasciato dal costruttore) ad un check-up. Questo controllo viene appunto chiamato «taratura». Senza la taratura, la multa è illegittima e può essere contestata.
Non basta, però, che lo strumento sia stato sottoposto a taratura; il verbale deve infatti riportare quando è avvenuta l’ultima taratura, in modo da consentire all’automobilista di verificare se la stessa ha rispettato la cadenza annuale stabilita dai giudici.
Similmente a quanto accade per autovelox, vige una regola ferrea: gli apparecchi utilizzati per la sicurezza nella circolazione stradale devono essere sempre efficienti. La conseguenza immediata è che, se nel giudizio di opposizione alla sanzione il conducente multato contesta il funzionamento del dispositivo, spetta all’amministrazione dimostrare le revisioni periodiche effettuate.
Di fronte alla contestazione dell’automobilista, spetta all’amministrazione dimostrare di aver compiuto le attività strumentali indicate dalla Consulta perché la circostanza rientra nel cosiddetto “fatto costitutivo della pretesa sanzionatoria“.