Livelli elevati di acrilammide – contaminante di processo “possibile cancerogeno” – sono stati rilevati da uno studio condotto dalle Università di Napoli Federico II e Roma San Raffaele su 90 campioni di baby food, indicati per lo svezzamento dei bamabini da 4 a 36 mesi, rilevando in particolar modo una concentrazione particolare nei biscotti.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Foods (clicca qui per lo studio completo) e, anche se nessun campione ha superato i livelli di riferimento per la concentrazione di acrilammide previsti dal Regolamento Ue 2017/2158 (40 μg/kg per gli alimenti trasformati a base di cereali; 150 μg /kg per fette biscottate e biscotti entrambi destinati ai lattanti e ai bambini nella prima infanzia), i livelli riscontrati (fino a 105 microgrammi per chilo in un campione di biscotti) invitano, secondo gli autori dello studio, a ritardare l’introduzione di questi prodotti nella dieto per lo svezzamento.
Il paradosso: cancerogena ma senza limite di legge
Nonostante l’acrilammide – prodotta per effetto della reazione di Maillard quando cibi contenenti amidi (come biscotti, pane, patate, caffé, etc) vengono cotti ad alte temperature – sia classificata nel gruppo 2A dalla Iarc dell’Oms come “probabile cancerogena per l’uomo” e l’Efsa ne raccomanda l’assenza, non esiste un vero e proprio limite di legge, ma solo delle soglie – periodicamente riviste al ribasso – alle quali le aziende alimentari devono tendere per tenere sotto controllo la sostanza tossica. Così, in pratica, in caso vengano rilevate dei prodotti con concentrazioni superiori al livello di riferimento (come è accaduto per nei test condotti dal Salvagente sulle patatine fritte in busta), non scatta nessun ritiro alimentare ma solo l’obbligo per le aziende di mettere in atto una serie di azioni di contenimento.
“Ritardare l’introduzione di questi prodotti nello svezzamento”
Torniamo allo studio. Scrivono gli autori: “I neonati possono essere esposti all’acrilammide già durante lo svezzamento attraverso cibi cotti al forno come i biscotti”. Sono stati acquistati e analizzati 90 campioni in negozi e supermercati che includevano biscotti macinati e interi, farina di cereali per bambini, snack dolci e salati e pappe con purea di prugne. Tutti i campioni erano destinati ai lattanti svezzati, in particolare dal 4° al 36° mese di vita.
I livelli di concentrazione rilevati erano tutti al di sotto delle soglie previste dal Regolamento 2017/2158 tuttavia, specie nei biscotti, si sono riscontrati tenori molto accentuati, fino a 105 microgrammi/kg.
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Concludono i ricercatori: “I risultati hanno mostrato che la probabilità di un’esposizione cancerogena è del 94%, 92% e 87%, rispettivamente, per i bambini di 6, 12 e 18 mesi, suggerendo la necessità di ritardare l’introduzione dei prodotti da forno nella dieta di bambini svezzati. Si segnala, tuttavia, che tali conclusioni sono state tratte considerando i biscotti come la principale fonte di esposizione”. E ancora: “A questo proposito è opportuno ridurre l’assunzione di questi alimenti, in quanto non indispensabili ai fini nutritivi né per la crescita né per lo sviluppo dei lattanti svezzati che dovrebbero invece seguire un’alimentazione equilibrata e varia, comprensiva anche di abbondante frutta e verdura come cereali semplici, diminuendo il numero di biscotti e prodotti da forno”.
Infine la ricerca sottolinea la necessità di una “possibile futura revisione dei limiti di soglia destinati ai lattanti, per quanto riguarda il Regolamento europeo, anche se va tenuto presente che lo sviluppo dell’acrilammide è un processo inevitabile”.