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Il pesante aumento dei costi di energia e materie prime ha trascinato anche il settore agroalimentare italiano in una guerra dei prezzi che in questa fase vede confrontarsi produttori e grande distribuzione organizzata, ma che rischia di travolgere anche i consumatori. La sola energia elettrica, infatti, è aumentata del 50% nell’ultimo trimestre del 2021 rispetto all’anno prima e stime persino peggiori sono state fatte dall’Arera per la prima parte del 2022. “In tutta Italia non c’è settore al riparo”, ricorda il presidente di Cia, Dino Scanavino, che aggiunge: “Le piccole e medie imprese, secondo dati Eurostat, stanno pagando l’energia elettrica il 75,6% in più e il gas addirittura il 133,5% in più delle grandi. A ciò si aggiungono i rialzi dei fertilizzanti, che sono aumentati del 150% in soli sei mesi, e quelli fino al 50% per il gasolio”.
I costi esplosi
In Italia, oltretutto, l’80% dei trasporti commerciali avviene su gomma, percentuale che però supera il 90% nel caso degli alimentari freschi. “Adesso più che mai – spiega Scanavino – bisogna tenere alta l’attenzione lungo la catena del valore e della distribuzione, immaginando più risorse e misure incisive contro il caro energia sui campi e lungo la filiera, anche per scongiurare speculazioni sui prezzi al dettaglio che né le aziende né i consumatori possono accettare”. In un quadro del genere, è sembrato a molti produttori una provocazione la campagna pubblicitaria di Esselunga, che a gennaio prometteva “Il carovita sale? Noi abbassiamo i prezzi”, salvo poi modificare il tutto in un più cauto “Convenienza dei nostri prezzi”.
“La Gdo continua a ignorare le nostre richieste”
A reagire, tra i primi, Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, che difende gli interessi della filiera produttiva agroalimentare del nostro paese. “Grave e irresponsabile – ha dichiarato Scordamaglia – ergersi a paladini antinflazione dichiarando attraverso campagne mediatiche che si abbasseranno ulteriormente i prezzi di vendita, in un momento difficile per tutti, in cui le filiere agroalimentari italiane vanno incontro a un aumento di tutti i principali costi di produzione”. Secondo il consigliere delegato di Filiera Italia, in generale, “non è più possibile che alcune catene della Gdo continuino a ignorare le legittime richieste di riconoscimento degli aumenti di costo avanzate dalle aziende della filiera agroalimentare italiana”.
Terra!: “È ora che anche il consumatore cambi mentalità”
A denunciare il rischio di fallimento per moltissimi produttori italiani è anche Fabio Ciconte, direttore dell’associazione Terra!, che si batte da anni contro le pratiche sleali nella filiera agroalimentare: “Ci sono aziende che hanno avuto un aumento di un milione di euro di bolletta per i magazzini di stoccaggio della frutta, aziende che li stanno chiudendo in attesa che passi questa bufera. Nel frattempo, dicono ‘cara Gdo dovresti aumentarci i prezzi a listino dal 15 al 37%’, ma la Gdo dice di no perché vuole tutelare i consumatori”. Secondo Ciconte, campagne come quelle di Esselunga, sono “folli” e delineano qualcosa di più strutturale: “Il gioco che fa la Gdo resta sempre lo stesso, comunque si devono abbassare i prezzi al consumo perché è l’unica strada che hanno trovato in questi anni per accaparrarsi clienti. Quindi tutto quello che c’è a monte della filiera viene conseguentemente schiacciato. Per cui se oggi parli con i produttori ti dicono: come fate a parlarci di tutela dei lavoratori quando qui dobbiamo chiudere?”. Nonostante le strette normative sul sottocosto, è difficile dimostrare pratiche scorrette da parte della Gdo, anche perché poi è difficile trovare un produttore che denunci pubblicamente, rischiando di essere tagliato fuori.
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Solo i grandi hanno potere contrattuale
“La produzione si divide in due categorie. Quelli grandi, che hanno fatto la voce grossa e sono partiti da una richiesta di 15 punti percentuali in più, che hanno ottenuto previa minaccia di non dare i prodotti alla Gdo, e quelli piccoli, a cui viene risposto che piuttosto ci si rifornirà da un produttore estero” sostiene Ciconte, secondo cui invece “la Gdo potrebbe dire ‘per una volta faccio meno margini. Aumento del 5% e il resto lo copro io’. Anche perché negli ultimi due anni i margini li ha triplicati. Dopodiché – continua il direttore di Terra – c’è un tema più alto, che ha a che fare con il potere di acquisto dei consumatori, che oggi è ridicolo. Il consumatore dovrebbe tornare a fare il cittadino e provare a incidere sulla dimensione politica. La Gdo ha costruito nell’immaginario collettivo l’idea che il cibo non costi nulla, e oggi ne paga le conseguenze. Deve fare un’operazione verità”.
La guerra tra insegne per il predominio del mercato
Sulla questione, una posizione intermedia ce l’ha Daniela Ostidich, presidente di Marketing & Trade, esperta e consulente storica della Gdo (attualmente è consulente di Selex): “Probabilmente hanno ragione e torto entrambi. Ma ci vedo anche speculazioni, sia dalla parte della produzione che della distribuzione. Conta, poi, anche la fortissima pressione dei vecchi discount sulla competizione tra insegne”. Ostidich entra nel dettaglio: “Esselunga non vuole perdere consumatori che stanno andando verso i cosiddetti discount come Lidl e Eurospin. Ha la forza per competere e contemporaneamente ha sempre avuto una gestione muscolare dei propri fornitori. Secondo me le altre grandi insegne non riescono a giocarsi questa partita, se non con grande difficoltà, a causa di conti, quote di mercato che cominciano a mancare, una leadership interna meno forte”. Sui prezzi, Ostidich non crede che tocchi alla politica intervenire: “Sono dei meccanismi che si devono regolare tra operatori del settore”.
I produttori cercano di recuperare il terreno ceduto negli anni
Ma l’impegno, deve essere preso non solo dalla Gdo, per l’esperta, ma anche dall’altro lato della “barricata”: “Alcuni produttori stanno chiedendo degli aumenti superiori di quello che dovrebbe essere, magari per recuperare i margini effettivamente rosicchiati dalla Gdo negli anni”. L’esperta riconosce infine che è il momento di comprendere che “il cibo costa non soltanto in termini di prezzo, ma anche in termini di sostenibilità ambientale, di benessere animale. E se poi si riuscisse a fare una riflessione sulla qualità del cibo che si mangia oltre che sullo spreco, sarebbe il massimo”. Dunque, mettendo insieme tutti gli elementi si compone un quadro in cui l’enorme aumento del costo di energia e materie prime sta mettendo in ginocchio i produttori e richiede una presa in carico da parte della grande distribuzione organizzata di almeno parte dell’aumento dei prezzi. Purtroppo, proprio questo terremoto sembra venir usato all’interno della Gdo italiana come una resa dei conti per assumere una leadership per gli anni a venire.