Da quando è entrata in vigore, lo scorso 15 febbraio, la circolare del ministero della Salute sulla presenza di salmonella nella carne da pollame, ha scatenato le polemiche nell’industria di settore. La motivazione è semplice: la richiesta di richiamo e smaltimento di carni avicole viene estesa anche a delle tipologie di salmonella meno rilevanti di quella più pericolosa per la salute umana. Un’estensione che, secondo i produttori, rischia di inceppare la macchina.
Salmonelle rilevanti e non
A raccontarlo è il Fatto alimentare, che riporta le preoccupazioni di produttori e tecnici dell’Asl, a cui spetteranno i controlli. Ma entriamo nel dettaglio. Tra le salmonelle “minori”, che sono in genere quelle che si tasmettono a partire dai cibi, come appunto il pollo, si distingue tra rilevanti e non rilevanti. Le prime sono la Salmonella Enteritidis, Salmonella Typhimurium e Salmonella Typhimurium variante monofasica. Tutte le altre salmonelle non tifoidee minori diverse da quelle rilevanti, sono considerate appunto “non rilevanti”.
I problemi per la salute
Tutto il gruppo di salmonelle minori a distanza di 12-72 ore dall’ingestione di alimenti contaminati, sono in grado di provocare diarrea, vomito, dolori addominali, nausea, mal di testa e febbre, protraendosi anche per 4-7 giorni. Ma finora solo quelle rilevanti, se rilevate in un prodotto destinato al commercio dovevano sottostare allo smaltimento, se trovati prima della messa in vendita, o di richiamo, se finiti sugli scaffali dei supermercati o di altri punti vendita.
L’indicazione in etichetta
Per le salmonelle non rilevanti, bastava, secondo quanto stabilito dal ministero della Salute nel 2016, mettere la carne fresca in commercio con l’avvertenza “da consumarsi previa accurata e completa cottura ad almeno 75 °C a cuore del prodotto” o altre condizioni di tempo-temperatura che il produttore ritiene idonee a raggiungere lo stesso livello di sicurezza. Dopo la circolare dello scorso 15 febbraio, la differenza di trattamento viene annullata.
Le ragioni del cambio di direzione
La ragione della novità è spiegata nella circolare con due motivazioni: il 30% delle salmonellosi umane è causato da salmonelle non rilevanti, e la richiesta della Commissione Ue che ha chiesto “tolleranza zero” rispetto alla presenza di Salmonella nelle carni avicole.
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“Obbiettivo irrealistico”
“Bisogna considerare – scrive il Fatto alimentare – che le salmonelle circolano sovente negli allevamenti avicoli convenzionali (industriali) e, soprattutto, negli allevamenti all’aperto biologici o familiari – in particolare in tacchini e anatre”- Secondo il portale, “l’obiettivo di ridurre la prevalenza all’1% nei riproduttori e nel pollame da carne ed al 2% per le galline ovaiole è ancora lontano da raggiungere, e pretendere che fin da oggi la filiera avicola nazionale sia in grado di offrire esclusivamente carni salmonella-free pare davvero irrealistico”.
La catena di controllo
C’è poi la questione procedurale da tenere in considerazione. La circolare non fornisce indicazioni operative, con la conseguenza che a decidere caso per caso saranno le singole Asl, che nei casi di controversia, dovranno passare la palla all’Istituto superiore di sanità che dovrebbe assumersi la responsabilità di garantire che quel tipo di salmonella non è dannoso per la salute umana.