Nel nuovo numero del Salvagente in edicola pubblichiamo, a distanza di due anni dall’ultimo test, i risultati delle analisi di laboratorio su 14 campioni di farine di grano tenero, manitoba e Tipo 00, per valutare il livello di contaminazione da pesticidi e il valore delle proteine.
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Non c’è dubbio che rispetto al marzo 2019 la situazione sembra essere di gran lunga migliorata: se in quell’occasione soltanto due prodotti risultarono privi di qualsiasi traccia di trattamenti fitosanitari, oggi il numero sale a tre; se due anni fa in ben quattro marchi si allungava l’ombra del glifosato (Garofalo, Molino Spadoni, Carrefour e Lo Conte) oggi l’erbicida considerato probabile cancerogeno dalla Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms, lo ritroviamo – al di sotto dei limiti di legge – solo nella manitoba di Carrefour. Un buon segnale che si accompagna anche alla bassa presenza di altri principi attivi che abbiamo riscontrato nelle nostre analisi.
Nelle analisi abbiamo valutato anche il valore delle proteine: in molti casi non c’è corrispondenza tra quanto riportato nella tabella nutrizionale dai produttori e le nostre rilevazioni. Va detto che in molti casi lo scarto coincide con l’incertezza analitica (che oscilla tra uno 0,5-0,7% in più o in meno rispetto ai risultati ottenuti) comunicatoci dal nostro laboratorio. Tuttavia in alcuni casi le proteine riportate in etichetta sono risultate maggiori anche rispetto a all’incertezza strumentale.
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Così l’Europa consente di “largheggiare”
E allora? Per rispondere bisogna, con l’aiuto del nostro nutrizionista Dario Vista, rispolverare qualche scartoffia europea e una circolare del ministero della Salute italiano. Dire che l’Europa è di manica larga, visti i rigidi parametri che impone per tenere sotto controllo il debito e conti pubblici, è davvero paradossale. Eppure è proprio l’Unione europa che consente ai produttori alimentari di “largheggiare” quando devono indicare sulla tabella nutrizionale i valori di proteine ma anche di zuccheri, fibre, sale e grassi, consentendo addirittura un ampio margine di errore, del più o meno 20%. Il tutto è scritto nelle Linee guida alla compilazione della Tabella nutrizionale del dicembre 2012 recepite in Italia, attraverso una circolare del ministero della Salute, quattro anni dopo proprio, quando, nel dicembre 2016 è diventata obbligatoria la tabella nutrizionale sulle confezioni.
“In tabella nutrizionale informazioni scorrette”
L’intento non è nascosto: “L’obiettivo è di fornire una linea guida sia alle Autorità che effettuano il controllo ufficiale sia agli operatori del settore alimentare (le aziende alimentari, ndr) sulla tolleranza applicabile alla dichiarazione dei nutrienti in etichetta, nell’ottica di assicurare una corretta informazione ai consumatori”. Ma come può essere corretta un’informazione che può variare del 20% in più e del meno? Molto critico è il nostro Dario Vista, biologo e autore della rubrica “Il nutrizionista”: “La cosa che sconcerta innanzitutto è che la ‘leggerezza’ con la quale la Ue e di conseguenza il nostro paese consente tutto questo: non attraverso un Regolamento, una direttiva o anche una semplice raccomandazione ma tramite delle semplici linee guida. Dopodiché l’ampio margine di errore concesso nella compilazione dei valori nutrizionali garantisce al consumatori tutt’altro che una corretta informazione”.
Nel nostro caso stiamo parlando di proteine presenti nelle farine, tutto sommato un apporto nutrizionale che, se fosse indicato per difetto o per eccesso, anche del 20%, non arrecherebbe problemi. Ma se parliamo di zuccheri, grassi e sale, correre il rischio di avere una quantità del genere in più di uno di questi nutrienti critici per la salute non è proprio il massimo. “Questo è vero – aggiunge Vista – ma non sottovalutiamo anche nutrienti positivi come le fibre: vantare un apporto, che magari poi nella realtà è più basso, può invogliare il consumatore a comprare quel determinato alimento integrale o dietetico che però nei fatti può contenere molta meno fibra”. Il tutto senza infrangere la legge, al riparo da irregolarità e sanzioni.
Forse in questo caso servirebbe un po’ di “austerity” di cui l’Ue in ambito economico non è mai avara.