Venerdì 29 ottobre era prevista la nuova udienza del processo sui pesticidi a carico di Karl Bär, collaboratore dell’Umweltinstitut München attualmente in congedo per la sua elezione al Bundestag tedesco. Bär avrebbe dovuto comparire per la quarta volta davanti al Tribunale di Bolzano per aver criticato pubblicamente l’elevato impiego di pesticidi nei meleti dell’Alto Adige/Südtirol. Ma l’udienza è stata rimandata. Per contro, il 28 maggio scorso l’autore e regista austriaco Alexander Schiebel, accusato anch’egli di diffamazione aggravata nei confronti dell’agricoltura altoatesina, è stato assolto.
La prima assoluzione
In quell’occasione la Corte ha ritenuto che Schiebel non avesse commesso il reato di diffamazione. In quel caso la motivazione della sentenza, resa ora disponibile, afferma che i “frutticoltori altoatesini” non erano chiaramente identificabili e quindi non potevano essere incriminati. Pertanto nessun reato era stato commesso. Secondo l’avvocato difensore, Nicola Canestrini, tale argomentazione può essere applicata anche al caso di Karl Bär. “Le critiche degli ecologisti – spiega l’avvocato –, se si basano sulla verità dei fatti, non sono reato come ha già accertato ripetutamente il tribunale di Bolzano: ecco perché ci aspettiamo che tutti i contadini ritirino immediatamente le querele temerarie”. Nel suo libro “Das Wunder von Mals” e nell’omonimo film Schiebel aveva infatti criticato aspramente l’elevato uso di pesticidi nei meleti della nota regione turistica Alto Adige/Südtirol. L’Umweltinstitut considera tale assoluzione un segnale chiaro a tutela della libertà d’espressione e di buon auspicio per il processo contro Karl Bär. “Il tribunale si è pronunciato: nessun agricoltore può affermare di essere vittima di diffamazione solo perché qualcuno mette fondamentalmente in discussione l’alto uso di pesticidi in agricoltura – commenta Fabian Holzheid, direttore politico dell’Umweltinstitut München –. La sentenza nel caso di Alexander Schiebel lo conferma: la critica all’uso dei pesticidi nell’agricoltura altoatesina non può e non deve essere soppressa da accuse infondate e calunniose”.
La storia
Bär era stato denunciato dall’assessore all’agricoltura della Provincia Autonoma di Bolzano Arnold Schuler e da oltre 1370 agricoltori altoatesini a seguito di una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica realizzata dall’Umweltinstitut nell’estate del 2017. “A luglio 2021 la maggior parte delle querele erano state ritirate, -scrive in una nota Umweltinstitut Italia – ma poiché due fratelli hanno scelto di mantenere in essere le proprie, il processo ora va avanti continuando a tenere sotto scacco l’accusato: in caso di condanna, migliaia di contadini altoatesini potrebbero chiedere il risarcimento di danni in un successivo procedimento civile, che potrebbe arrivare a milioni di euro“. “Abbiamo detto le cose come stanno e questo, in una democrazia, non deve comportare il rischio di farti finire in tribunale. Inoltre possiamo provare con dati alla mano che la nostra critica corrisponde ai fatti” sottolinea Bär.
Il rinvio
Nuovo rinvio del processo per diffamazione a carico di Karl Bär. Durante la quarta udienza tenutasi a Bolzano l’agricoltore Tobias Gritsch, ultimo querelante rimasto nel procedimento e convocato come testimone nella giornata odierna, non si è presentato in tribunale. Il giudice ha quindi disposto il suo accompagnamento coattivo per la prossima udienza, fissata in data 28 gennaio 2022. L’imputato Karl Bär ha commentato: ” È difficile pensare che possa esserci qualcosa di più assurdo di quello che sta accadendo qui in Alto Adige/Südtirol. L’unico querelante a voler mantenere in essere questo processo, per presentarsi in tribunale, deve comparire accompagnato dalle forze dell’ordine. Dopo un dibattimento già in corso da oltre un anno e dopo 4 udienze non è ancora emerso alcun elemento che abbia realmente a che vedere con il presunto reato. Certo, perché in assenza di un crimine non vi è alcunché da risolvere. Il processo a mio carico non è altro che prepotenza gratuita. L’Ue deve urgentemente approvare una direttiva in grado di fermare tali abusi di giustizia, perché processi come questo minacciano il diritto alla libertà di espressione”.