Mai lavare la caffettiera se si vuole un caffè saporito. Una convinzione comune e probabilmente anche corretta, almeno dal punto di vista del gusto. Ma anche salubre? Ce lo siamo chiesto assieme ai laboratori del Gruppo Maurizi per la prova di questo mese. Lo studio ha valutato il contenuto di acrilammide del caffè preparato con una caffettiera non pulita dopo ogni preparazione. In sostanza lasciando proprio quel sottile film che si forma al suo interno e rende così buono la nera bevanda. Tutti i risultati li trovate nel numero in edicola di Ottobre 2021 de Il Salvagente:
Vuoi leggere tutti i nomi e i risultati del test del Salvagente? Clicca sul pulsante verde qui in basso e acquista la tua copia del giornale
L’acrilammide
L’acrilammide – come i nostri lettori più assidui sanno – è una sostanza chimica che si forma naturalmente negli alimenti amidacei durante la cottura ad alte temperature e anche nelle lavorazioni industriali a temperature di oltre 120° in condizioni di scarsa umidità. La presenza di questa sostanza viene riscontrata principalmente in prodotti come patatine, patate fritte, pane, biscotti e, per l’appunto, nel caffè. L’acrilammide si forma a partire da alcuni zuccheri e da aminoacidi che sono naturalmente presenti in molti alimenti. La reazione chimica che porta alla sua formazione è la “reazione di Maillard”, che conferisce anche ai cibi l’aspetto abbrustolito e li rende più gustosi. L’esposizione è inevitabile, per questa ragione è oggetto di studi da parte dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente
Cosa ha detto l’Efsa
L’Authority di Parma già nel 2005 aveva pubblicato una dichiarazione sull’acrilammide negli alimenti, concordando con le principali conclusioni e raccomandazioni del Comitato misto Fao-Oms di esperti sugli additivi alimentari (Jecfa) delle Nazioni Unite, secondo cui i livelli di esposizione alimentare possono dare adito a preoccupazioni per la salute dell’uomo. Nel 2015 i timori per i rischi sulla salute dall’esposizione all’acrilammide, hanno condotto l’Efsa a pubblicare un proprio parere scientifico, in cui è stato confermato che questa sostanza aumenta potenzialmente il rischio di sviluppare il cancro nei consumatori di tutte le fasce di età. Un rischio aggravato dal fatto che sia presente in prodotti alimentari di largo consumo.
Le analisi
Nei laboratori del Gruppo Maurizi sono state realizzate analisi su una miscela di caffè macinato 100% arabica acquistato in un comune supermercato, utilizzando la metodica HPLC. È stato preparato il primo caffè di cui è stata presa un’aliquota per l’analisi e la quantità di acrilammide su 1 ml di bevanda è risultata di 15 mcg (microgrammi per millililitro). Successivamente, senza lavare la parte superiore in cui fuoriesce il caffè, sono stati preparati un secondo, un terzo e un quarto caffè e per ogni preparazione è stato analizzato un campione per osservare l’eventuale accumulo di acrilammide. Dall’analisi dei dati che riportiamo nella tabella di questa pagina, si vede immediatamente che una parte dell’acrilammide si accumula nel fondo del raccoglitore della moka, se quest’ultimo non viene mai lavato. La concentrazione dell’acrilammide aumenta del doppio per poi mantenersi pressoché costante nelle successive preparazioni.
La soglia di sicurezza
Assumendo che la dose media di un caffè sia 30 ml, è evidente che le quantità di questo potenziale cancerogeno ingerite in questo modo sono abbastanza alte già dalla seconda moka preparata senza alcuna pulizia del fondo con gli oltre 900 microgrammi a tazzina. È bene ricordare che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha indicato un quantitativo con effetto “trascurabile” pari a 0,17 mg per kg di peso corporeo al giorno ma la stima per una quantità veramente sicura per la popolazione umana viene identificata con una quantità 10mila volte inferiore. Per un uomo di 70 kg la quantità “innocua” è dunque 1,2 microgrammo al giorno di acrilammide. Ben lontani da quelli che troviamo tanto nella nostra prima tazzina di moka che, a maggior ragione, nella seconda preparazione. Ragione più che sufficiente per evitare di assumere questa sostanza laddove non è necessario. Il lavaggio della moka, anche con semplice acqua e senza aggiungere alcun detersivo che finirebbe per alterare il sapore del caffè successivo, fa sì che l’acrilammide depositata venga eliminata a causa della sua solubilità in acqua. E le analisi lo confermano.
I livelli di “sicurezza”
I livelli di riferimento per l’acrilammide nel caffè stabiliti dall’Efsa sono diversi a seconda del tipo di preparazione:
Caffè torrefatto 400 mcg/kg;
Caffè (solubile) istantaneo 850 mcg/kg;
Succedanei del caffè
a) succedanei del caffè contenenti esclusivamente cereali 500 mcg/kg;
b) succedanei del caffè contenenti esclusivamente cicoria 4 000 mcg/kg.
Non esistono valori per il caffè liquido perché il controllo andrebbe fatto nella produzione del caffè in polvere.