Glifosato: Edwin, il primo a sfidare Monsanto (e a vincere)

GLIFOSATO

Roundup è l’erbicida più utilizzato al mondo come diserbante. Viene utilizzato su prati, giardini, parchi, campi da gioco e altro ancora. Ogni anno vengono generati più di $ 6 miliardi di entrate per il suo produttore, Monsanto. Ogni anno ne vengono spruzzati oltre 250 milioni di libbre. Il problema con Roundup è il glifosato, l’ingrediente principale di questo pesticida. Molti scienziati ritengono che il glifosato provochi un aumento del rischio per lo sviluppo di alcune forme di cancro, tra cui il linfoma non-Hodgkin (NHL) e la leucemia a cellule capellute. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lo ha dichiarato un “probabile cancerogeno per l’uomo” a causa proprio di questo ingrediente. Attualmente il suo uso è autorizzato negli Stati Uniti e in Europa fino al 2022: entro quest’anno verrà avviata la procedura per confermare o meno la sua autorizzazione.

Le cause

Negli Stati Uniti, ad oggi, oltre 100 mila americani si considerano vittime dell’erbicida: molte le cause già giunte al termine in maniera favorevole ai ricorrenti. In tutti i casi, infatti, i giudici hanno rintracciato un legame di causa effetto tra l’esposizione per lungo tempo all’erbicida e l’insorgenza del tumore. Tant’è vero che Bayer (che ha acquistato il RoundUp da Monsanto) sta provando a patteggiare tutte le cause accantonando per questo scopo miliardi di dollari.

Non solo cause legali

Dietro ad ogni causa, c’è la storia di un uomo, spesso un lavoratore, e della propria famiglia come quella di Edwin Hardeman: la causa, avviata nel 2016, è stata la prima ad essere istruita presso il tribunale “speciale”, RoundUp MDL, con il giudice Vince Chhabria.

Il settantenne Edwin Hardeman e sua moglie vivevano nella contea di Sonoma, in California, su 56 acri che erano usati come rifugio per animali esotici. Il querelante ha iniziato a utilizzare i prodotti Roundup per trattare la quercia velenosa, le erbacce e la crescita eccessiva nella sua proprietà negli anni ’80 e ha continuato l’attività di irrorazione pesante fino al 2012. Tre anni dopo, ha ricevuto una diagnosi di cancro di linfoma non Hodgkin.

Quando Edwin ha deciso di fare causa a Monsanto, nel 2015, aveva già concluso tre cicli di chemioterapia: si era convinto della bontà delle sue ragioni dopo che in tv aveva visto diversi servizi giornalistici in cui si parlava dei danni sulla salute del glifosato. Sapeva che ne era stato a contatto per molti ma quello che ignorava è che dopo quattro anni sarebbe diventato il primo querelante ad incastrare Monsanto alle sue responsabilità.

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La giuria, infatti, all’invio del 2019 ha riconosciuto un nesso di casualità con l’esposizione e la diagnosi e ha riconosciuto al querelante 80 milioni di dollari. Questo premio includeva ben 75 milioni di dollari in danni punitivi.

L’appello

Peccato che in appello, a luglio del 2019, il giudice ha ridotto i danni punitivi da $75 milioni a $20 milioni per conformarsi agli standard costituzionali della Corte Suprema, ma ha respinto la richiesta della Monsanto di un nuovo processo per danni compensativi. A dicembre dello stesso anno Bayer ha presentato ricorso continuando a sostenere la sua posizione, ovvero la sicurezza del RoundUp. “Avrebbero dovuto essere con noi nel reparto di chemioterapia e vedere le persone soffrire” aveva commentato così al The Guardian la notizia del ricorso la moglie di Edwin. Nonostante una difesa strenua anche da parte del governo, la Corte d’Appello ha rigettato confermando la sentenza della Corte Distrettuale del Distretto Settentrionale della California a favore di Edwin Hardeman nella sua azione secondo cui il pesticida della Monsanto, Roundup, ha causato il suo linfoma non Hodgkin.