Eravamo stati facili profeti. Avevamo scritto che tra ambiente, salute e interessi dell’industria avrebbero vinto questi ultimi. E così semba concludersi la storia della direttiva Sup (Single use plastic), con uno schema di decreto legislativo licenziato ieri che salva la plastica biodegradabile e quella compostabile, seppure con rivestimenti di plastica poco sotto il 10% del peso.
Con buona pace dell’approccio della Commissione europea al problema enorme della plastica monouso che aveva previsto di bandire dal 3 marzo scorso la plastica monouso. Una norma che in Italia, paese leader delle produzioni di packaging, era risultata indigesta a molte industrie. Non a caso saluta con favore le scelte del governo, in prima linea il ministro dello Sviluppo Giorgetti e quello della (sempre meno comprensibile) Transizione ecologica Cingolani, Filiera Italia, associazione dei big dell’industria alimentare italiana.
“Una scelta di sostenibilità vera che premia il nostro Paese e le aziende che da anni investono in tecnologie e materiali innovativi” ha esultato Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, rimarcando che si tratta di “istanze su cui Filiera Italia si era fortemente che hanno trovato fin da subito l’appoggio e il sostegno dei ministri Cingolani e Giorgetti e dell’intero Governo”. “Si è andati verso un compromesso che concilia sostenibilità e produzione – prosegue Scordamaglia – e che valorizza il ruolo del nostro Paese primo in Europa per ricerca ed innovazione nel settore”. La conclusione per Scordamaglia è semplice: “Questo risultato rappresenta soprattutto l’affermazione di un principio fondamentale, in piena fase di transizione green, e cioè che l’ambiente non lo si tutela come qualcuno vorrebbe smettendo di produrre – scelta che tra l’altro sposterebbe la produzione verso Paesi inquinanti – bensì incentivando le tecnologie sostenibili in cui le nostre aziende sono all’avanguardia”.
Sarebbe utile, forse, ricordare che il vanto dell’industria italiana, tanto compostabile non lo sia. Lo ha svelato la nostra inchiesta su piatti, bicchieri e posate serviti nelle scuole italiane, trovando il più che fondato sospetto che contengano i pericolosissimi Pfas. Un grosso rischio per la salute di chi li utilizza e per l’ambiente, visto che milioni di questi pezzi finiscono nei terreni come fertilizzanti e rischiano di contaminare i nostri campi.
Sarebbe utile, forse, ricordare al ministro per la Transizione ecologica Cingolani che a fine maggio, in un’audizione sui Pfas aveva tuonato nei confronti dei Pfas che “questa roba si vieta e basta”. Ora, lo ripetiamo, sarebbe il caso che facesse sfoggio dello stesso attivismo che ha mostrato nel difendere il comparto italiano e portasse in Consiglio dei ministri una norma per vietare davvero i Pfas nel compostabile. Oggi a essere sottoposti a limiti sono solo i prodotti certificati, una minoranza delle tonnellate di quelli che finiscono sulle tavole degli italiani e nell’ambiente. E che finiscono nelle mense dei nostri bambini.