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Lo scorso marzo è arrivato il via libera e in un ristorante di Singapore verrà proposta carne sintetica, realizzata interamente in laboratorio; negli Stati Uniti Memphis Meats, una delle compagnie più grandi che conta finanziatori come Bill Gates e Richard Branson, insieme ad altri produttori, ha fondato un gruppo che lavora con le agenzie regolatorie statunitensi affinché si possa arrivare a un’approvazione anche in quel paese. E le novità sono anche sul fronte della consistenza di questa carne prodotta in laboratorio – che in inglese si chiama cultured meat, cultivated meat o lab grown meat – inizialmente pensata prevalentemente per “imitare” il pollo proponendola sotto forma di nuggets o per gli hamburger; l’Università di Tokyo, di recente, è riuscita a ricreare anche la muscolosità e la consistenza della bistecca, grazie a un intervento di medicina rigenerativa che permette di allineare gli elementi che formano le fibre muscolari. Tutto ciò avviene a sette anni da quando è stata prodotta la prima forma di carne sintetica dall’Università di Maastricht.
Come nasce la carne coltivata
Come nasce una bistecca di carne coltivata in laboratorio? Lo spiega in un’intervista alla rivista Emera il professor Shoji Takeuchi, del dipartimento di Informatica meccanica intelligente della Scuola di specializzazione in Scienze e tecnologie dell’informazione dell’Università di Tokyo. “Le cellule muscolari si fondono quando sono poste l’una vicino all’altra e si trasformano in cellule con più nuclei – fa sapere lo scienziato – Normalmente, quando il tessuto muscolare viene coltivato liberamente, è orientato in modo casuale, ma è un gel di collagene modellato allungato. Coltivandolo è stato possibile allinearlo in una certa direzione come se fosse un muscolo reale. Il fatto che abbia o meno questa struttura del sarcomero sarà un indice importante per valutare la qualità della carne coltivata in futuro”. Nel corso dello studio è stato inoltre confermato che l’aggiunta di vitamina C alla fonte nutritiva del tessuto muscolare favorisce la maturazione. Obiettivo per il 2025, quello di realizzare una bistecca dello spessore di due centimetri.
Una risposta ai cambiamenti climatici
segue dopo l’infografica
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Ma perché si sta pensando di “fabbricare” carne sintetica in laboratorio? I punti di vista sono talvolta contrastanti e oscillano tra l’idea di un nuovo business e la giustificazione che starebbe nella risposta alla domanda di carne in aumento nei prossimi anni, oltre che alla riduzione delle emissioni di gas serra di cui sarebbero responsabili gli allevamenti intensivi. Per Hanna Tuomisto, ricercatrice dell’Università di Helsinki ed esperta che per il Joint research center (Jrc) – il Centro comune di ricerca, una delle direzioni generali della Commissione europea – si è maggiormente occupata di cultured meat (letteralmente: carne coltivata), la sfida che il futuro ci ha già prospettato è grande e nell’ottica di contrasto ai cambiamenti climatici e di risparmio delle risorse, oltre che di necessità di sfamare una popolazione in crescita, la carne sintetica può essere una risposta.
Allevatori contro, autorità caute
Non tutto il mondo della scienza, tuttavia, – in particolare quello della zootecnia – è concorde nel ritenere questo dato del tutto veritiero, considerando che si dovrebbe distinguere, semmai, tra allevamenti che lavorano male, o addirittura illegalmente, e realtà serie. Chi percorre questa strada ritiene ad esempio che sarebbe più “sensato” optare per allevamenti intensivi sostenibili. La Fao, dal canto suo, osserva e lascia alle organizzazioni nazionali autorizzative il compito di pronunciarsi. Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, sulla base del Regolamento 2283/2015 dedicato ai nuovi alimenti, fa sapere di doversi occupare solo della “valutazione se tali nuovi prodotti alimentari siano sicuri e nutrizionalmente non svantaggiosi per i consumatori europei”. Infatti, “quando si autorizzano nuovi alimenti, si rientra nella competenza e responsabilità dei gestori del rischio (Ce, Stati membri) di considerare o meno anche altri elementi come l’ambiente (comprese le emissioni di gas serra), l’etica, il benessere degli animali, le considerazioni religiose, etc”.
Benessere animale
In un documento del 2019 Hanna Tuomisto spiegava quali fossero i motivi dell’interesse suscitato da questo campo di ricerca e sviluppo: “La produzione animale globale – si legge nell’abstract dello studio Artificial, in-vitro or cultured? A conceptual analysis of meat from cell-cultures – contribuisce a diverse sfide ambientali su larga scala, come il cambiamento climatico, l’eutrofizzazione dei corsi d’acqua, l’esaurimento del suolo, la perdita di biodiversità, il cambiamento dell’uso del suolo e l’esaurimento delle risorse di acqua dolce. Inoltre, la carne contribuisce a diete malsane e rischi di zoonosi, nonché allo scarso benessere degli animali e problemi etici nella produzione”. La “fabbrica” insostenibile di animali da allevamento “ha sollevato discussioni sulla bioeconomia post-animale – aggiunge Tuomisto – una nuova forma di economia e un nuovo sistema di produzione alimentare che utilizza la biotecnologia per realizzare prodotti animali senza animali al fine di nutrire una popolazione in crescita in modo sostenibile, sicuro ed economico”.
Una bistecca sintetica per sfamare il mondo
La rivista giapponese Emira – sponsorizzata da Tepco, la Tokyo Electric Power Company, conosciuta anche come Tōden, ovvero la più grande compagnia elettrica del Giappone – ha di recente intervistato su questo tema Shoji Takeuchi, il professore dipartimento di Informatica meccanica intelligente della Scuola di specializzazione in Scienze e tecnologie dell’informazione dell’Università di Tokyo, il quale sostiene che “non solo la popolazione aumenterà, ma aumenterà anche la domanda di carne nei paesi emergenti in cui la crescita economica è notevole”. Takeuchi, che con il suo team di lavoro ha pubblicato i risultati della ricerca all’inizio di marzo su Nature, sottolinea che opinione diffusa è anche quella di ritenere che sia “un bene ‘diventare vegetariani’, ma la carne può essere una delle risposte alla carenza proteica prevista in futuro”. Il professore aggiunge che “le carni alternative e le carni coltivate hanno iniziato ad attirare rapidamente l’attenzione negli ultimi anni, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, e la proprietà intellettuale è già bloccata” e che il Giappone, a questo punto, ritiene che si debba andare avanti. Il gruppo di ricerca guidato dal professore ha collaborato con la Nissin Foods Holdings. La sfida era quella di creare qualcosa che assomigliasse alla bistecca, come consistenza, perché la carne macinata era già stata prodotta. E così è stato. Quando le cellule coltivate sono state stimolate con l’elettricità, i fili si sono contratti, così come fanno le fibre muscolari.
Takeuchi vuole arrivare a far replicare cellule in modo da produrre una bistecca di 100 grammi.
Resta solo da vedere se riuscirà a convincere i palati dei tanti “carnivori” e dei cultori di Tbone e fiorentine…