Pesche con pesticidi fuori norma, anche il supermercato è responsabile

pesche

Le pesce nettarine vendute in un supermercato Deco di Caltanissetta avevano una quantità di residui di pesticidi superiore ai limiti di legge, per questo è stato condannato a un’ammenda il legale rappresentante della catena. A confermare la giustezza della condanna è stata la Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso dello stesso Franco Cristoforo Arena. La notizia ha particolare valore perché mostra come in caso di irregolarità sui prodotti che chiamano in causa la sicurezza alimentare non solo il fornitore, ma anche la grande distribuzione organizzata ne può essere ritenuta responsabile.

“Struttura complessa, non sono responsabile”

Tornando al caso specifico, come ricorda la sentenza della terza sezione della Cassazione (presieduta da Giulio Sarno), pubblicata il 10 marzo scorso, il Tribunale di Caltanissetta, il 4 febbraio 2020 aveva affermato la responsabilità penale di Franco Cristoforo Arena, condannandolo alla pena dell’ammenda, in qualità di legale rappresentante della “Fratelli Arena s.r.l.”, per la vendita di pesche con limiti superiori alla norma di pesticidi consentiti, nel 2017. Il condannato ricorreva alla Cassazione sostenendo che “svolge le funzioni di amministrazione delegato di una complessa struttura societaria che gestisce, in Sicilia, 51 punti vendita diretti e circa 200 affiliati e che, in ragione del ruolo apicale ricoperto in seno alla suddetta società, egli non potrebbe essere considerato responsabile per la violazione di disposizioni in tema di conservazione degli alimenti, in quanto, in ragione delle notevoli dimensioni dell’azienda, risulterebbe ovvia l’inevitabile suddivisione di compiti all’interno della stessa”. In altre parole, data la grandezza della catena e l’articolazione dei contenuti, la responsabilità non poteva essere sua, visto che “vi sono anche responsabili degli acquisti del settore ortofrutticolo che verificano la conformità dei prodotti e che, comunque, nell’ambito di tali verifica non sono comprese le analisi chimiche, che vengono certificate dal fornitore”.

Ma per la Cassazione bisogna dimostrarlo

La Cassazione, dal canto suo, ha ricordato come la giurisprudenza abbia ripetutamente affermato che, i”n tema di disciplina degli alimenti, il legale rappresentante della società gestrice di una catena di supermercati non è responsabile qualora essa sia articolata in plurime unità territoriali autonome, ciascuna affidata ad un soggetto qualificato ed investito di mansioni direttive, in quanto la responsabilità del rispetto dei requisiti igienico-sanitari dei prodotti va individuata all’interno della singola struttura aziendale”, e nonostante ciò, nel caso di specie, “non è stato però offerto al giudice nessun riscontro alle allegazioni difensive circa le dimensioni e l’organizzazione interna, avendo questi evidenziato, del tutto correttamente, la necessità di allegazione, quantomeno, dell’organigramma della società, nonché la documentazione delle eventuali specifiche deleghe e dei poteri conferiti ai singoli responsabili, non avvenuta nel caso in esame”. Insomma, in mancanza di prove sufficienti che dimostrino l’estraneità di fatto dalla responsabilità della figura apicale dell’azienda, la Cassazione respinge il ricorso.

Non vale lo scaricabarile al fornitore

Interessante anche un altro passaggio della sentenza della Cassazione, quello in cui si afferma “la responsabilità, a titolo di colpa, del legale rappresentante della società, secondo i principi generali dì cui all’art. 43 cod. pen., qualora il fatto derivi da cause strutturali correlate a scelte riservate al titolare dell’impresa, quali, per esempio, l’omessa adozione delle procedure di autocontrollo previste dalla normativa europea”. È vero che il fornitore di frutta è tenuto a controllare il prodotto che porta in supermercato, ma la normativa europea prevede che anche la Gdo metta in campo procedure di ulteriore verifica. Insomma, non vale lo scaricabarile al fornitore.

 

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