Nonostante l’uso di pesticidi neonicotinoidi sia diminuito, negli ultimi anni le api e gli altri impollinatori sono stati esposti a livelli sempre più elevati di tossicità da pesticidi. È la conclusione cui giunge uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Università di Coblenza-Landau, in Germania, basandosi sull’analisi di dati risalenti al periodo 1992-2016 e riguardanti solo gli Stati Uniti, ma è molto probabile che tale tendenza (minore volume di pesticidi utilizzati, ma maggiore impatto sugli insetti impollinatori) sia condivisa da altri Paesi del mondo, compresi quelli europei.
Più tossici perché più specifici
“Alcuni composti chimici sono stati sostituiti da preparati con un minore livello di tossicità per i vertebrati, e questo è davvero un successo”, afferma il professor Ralf Schulz, che ha coordinato la ricerca. “Tuttavia, allo stesso tempo, i pesticidi sono diventati più specifici e quindi, purtroppo, anche più tossici per i cosiddetti «organismi non bersaglio», come gli impollinatori e gli invertebrati acquatici. Le colture geneticamente modificate, a detta dei loro sostenitori, sono state introdotte per ridurre la dipendenza dell’agricoltura dai pesticidi chimici. Questo ovviamente non è vero, se guardiamo ai livelli di tossicità ”.
La strage delle api
Sappiamo, infatti, che le api sono in continua diminuzione. Negli ultimi cinque anni sono scomparsi nel mondo 10 milioni di alveari, quasi 2 milioni l’anno. In Italia se ne sono persi almeno 200mila. Se si conta che ogni alveare può ospitare fino a 80mila unità si capisce la portata del massacro. L’estate scorsa si è avuta una moria eccezionale tra Brescia e Cremona, che ha lasciato a terra tra gli otto e i nove milioni di esemplari. Una strage che ha certamente ripercussioni sull’intero ecosistema ma più direttamente con la produzione di miele. Come andrà quest’anno è presto per dirlo dal momento che – come ci ha spiegato Mielizia-Confapi – la raccolta avrà inizio a breve, tra fine aprile e inizio maggio ma i presupposti, come gli ultimi anni, non sono dei migliori. La probabile causa? L’uso improprio di alcuni insetticidi. Ma non è la sola. “Non dimentichiamo che un pericolo da considerare, per gravità al pari dei pesticidi, è quello dei cambiamenti climatici” spiega Diego Pagani, apicoltore biologico e Presidente di CONAPI, aggiungendo che “Negli ultimi anni, gli inverni miti, per non dire caldi, le primavere piovose e fredde, le estati torride hanno messo a rischio il raccolto di miele e le comunità di api, con ripercussioni su ogni aspetto della vita di questi meravigliosi insetti”.
L’Europa prima vieta, poi deroga
Sui pesticidi, l’Europa non sta di certo a guardare. Nel 2018, l’Unione Europea ha vietato l’uso di tre pesticidi neonicotinoidi particolarmente nocivi per le api, ma l’anno scorso alcuni paesi li hanno riammessi per combattere degli afidi che colpiscono le barbabietole. Una richiesta di deroga tanto pressante, e continua, che ha spinto l’Efsa a verificare la correttezza delle autorizzazioni all’uso in deroga dei neonicotinoidi concessa da alcuni governi europei.
“Salviamo le api!”
Fino a giugno è ancora possibile firmare l’ICE “Salviamo le api” finalizzata ad eliminare gradualmente i pesticidi sintetici entro il 2035, sostenere gli agricoltori e salvare la natura. Il WWF Italia aderisce a questa iniziativa e partecipa attivamente alla raccolta delle firme per chiedere anche nel nostro Paese una normativa più severa per l’uso dei pesticidi in agricoltura e in città , a cominciare dalla revisione del Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Se saranno raccolte almeno un milione di firme in sette Paesi membri dell’Unione Europea, entro settembre 2020, la Commissione e il Parlamento UE saranno tenuti a valutare entro tre mesi la possibilità di trasformare le richieste dei cittadini che hanno sottoscritto questa campagna in provvedimenti normativi e, in ogni caso, dovrà giustificare la sua decisione.
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