Da oggi 1° marzo entra in vigore la nuova etichetta energetica per gli elettrodomestici e per lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi e display (monitor e tv) scatta anche l’obbligo di progettare e vendere apparecchi più facilmente riparabili e smaltibili. Per le quattro categorie di elettrodomestici debutta infatti la direttiva Ecodisegn che introduce ad esempio l’obbligo per i produttori di rendere disponibili la maggior parte dei pezzi di ricambio per 7-10 anni, a seconda del prodotto, dopo il ritiro dello stesso dal mercato.
Non solo. Ai riparatori professionisti, chi cioè svolge ufficialmente questo mestiere quindi escludendo l’autoriparazione nonché le iniziative senza scopo di lucro ed educative, i produttori devono garantire l’accesso ai manuali di riparazione.
Sulla carta dunque vengono rafforzate le tutele per i consumatori. Ma non così come dovrebbero, almeno a sentire Ugo Vallauri, policy lead di The restart project, associazione che insieme all’EEB, l’European Environmental Bureau, ha guidato la campagna Right to Repair: “La direttiva Ecodesign è un primo – piccolo – passo ma per un vero diritto alla riparazione servono ancora passi da gigante e purtroppo non si vedono all’orizzonte. Le novità che entrano in vigore oggi, primo marzo, ad esempio non contemplano, come da noi sempre richiesto, i massimali ai prezzi dei pezzi di ricambio che sono l’unico discrimine per capire se la riparazione è conveniente oppure no”. Se il pezzo da sostituire è troppo elevato si è incentivati a comprare un nuovo modello e quindi trionfa l’obsolescenza programmatica – ovvero il produttore – e ci perde il consumatore.
Right to repair: “Ecco cosa c’è che non va”
La campagna Right to Repair ha pubblicato un elenco di criticità che la direttiva Ecodesign per le quattro categorie di elettrodomestici non riesce a risolvere:
1. Applicazione limitata. Le normative oggi in vigore si applicano solo ai nuovi modelli di elettrodomestici immessi sul mercato europeo quali espositori, lavatrici, lavastoviglie e frigoriferi, con norme specifiche sui server e sugli apparecchi di saldatura entrate in vigore all’inizio dell’anno. Non sono inclusi dispositivi come smartphone e laptop, che sono particolarmente colpiti dall’obsolescenza prematura e il più delle volte vengono scartati prematuramente.
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2. Accesso limitato ad alcuni pezzi di ricambio e manuali di riparazione a riparatori professionisti. Come abbiamo spiegato l’obbligo di rendere disponibili per molti anni i pezzi di ricambio non vale per l’autoriparazione né per esperienze senza scopo di lucro ed educative.
3. Tempi di consegna lunghi dei pezzi di ricambio. La velocità di riparazione è spesso un fattore decisivo per molti consumatori tra mantenere un prodotto o sostituirlo con uno nuovo. Secondo la nuova normativa, i pezzi di ricambio dovrebbero essere forniti entro 15 giorni lavorativi. Inoltre, le normative consentono ai produttori di limitare l’accesso ai manuali di riparazione e ai ricambi per i primi 2 anni dal lancio di un prodotto, mantenendo potenzialmente un monopolio iniziale sulle riparazioni, indipendentemente dallo stato della garanzia.
4. Problemi per gli aggiornamenti software non risolti. In base al nuovo regolamento, i produttori devono per la prima volta rendere disponibili i più recenti aggiornamenti di firmware, software e sicurezza ai riparatori professionisti per lo stesso periodo di tempo in cui mettono a disposizione i pezzi di ricambio. Sebbene i dettagli differiscano in base alla categoria di prodotto, il regolamento non include alcun requisito specifico per i produttori di continuare ad aggiornare il software per tutta la durata di un prodotto. Si tratta di un precedente preoccupante, soprattutto in un momento in cui gli apparecchi si connettono a Internet sempre di più.
5. Prezzi e raggruppamento autorizzato di pezzi di ricambio. Sfortunatamente il regolamento non riguarda il prezzo dei pezzi di ricambio, spesso considerato come una barriera chiave tra un prodotto potenzialmente riparabile e riparato nella pratica. Inoltre, sarà consentito il raggruppamento di alcune parti di ricambio, il che significa che invece di sostituire una parte difettosa, ai riparatori potrebbe essere richiesto di sostituire una parte più grande e più costosa. Prendiamo l’esempio di una lavatrice: invece di sostituire i cuscinetti nel cestello di una lavatrice, potresti dover sostituire l’intero cestello.
“Quest’ultimo aspetto è una chiara vittoria per il settore – concludono da Right to Repair – poiché il regolamento non richiede ai produttori di riprogettare alcune parti chiave per la riparabilità . Ma è molto problematico per consumatori e riparatori in quanto mantiene alto il prezzo di alcune riparazioni, il che, a sua volta, può influenzare la scelta di sostituire piuttosto che riparare un prodotto”.