Dopo l’articolo con cui il Salvagente riporta i dubbi dell’editore associato dell’autorevole British medical journal, Peter Doshi, sui dati non ancora messi a disposizione da Pfizer e Moderna riguardo i vaccini anti-covid, abbiamo chiesto un commento a Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università statale di Milano e presidente Associazione nazionale pubbliche assistenze (Anpas).
Professor Pregliasco, come prendere i dubbi pubblicati sul Bmj?
Sono elementi di discussioni scientifiche. È chiaro che ormai il Covid fa sì che queste cose vengano date in pasto ai virologi della domenica, e quindi possono determinare angosce o negatività, per questo parliamone ma ribadiamo che si tratta di elementi di analisi, di rinforzo, di conferma, e dubbi oggettivi. È il normale approfondimento dell’analisi dei risultati scientifici che si ottengono al fine di dare ulteriore spinta.
Doshi si concentra soprattutto sui tanti negativi con sintomi da Covid che se fossero riportati nel conteggio farebbero crollare la percentuale d’efficacia.
Sono dei dubbi sulla malattia. Ci sono soggetti in cui non si riesce a individuare la positività perché magari si fa l’esame sbagliato, un falso negativo… ma questo c’è in tutte le patologie, non è il Covid. Anche nella diagnostica delle epatiti virali questa problematica c’è.
Eppure a seconda di come si aggregano i dati vengono fuori risultati diversi.
Si ma sono dati tutti veri. C’è un’esigenza, come dice Doshi, di avere dati grezzi per avere a informazioni ulteriori. Non è che dice “hanno sbagliato”, ma che la non disponibilità di dati grezzi impedisce di fare ulteriori approfondimenti. In ogni studio, e anche per vaccini di cui mi sono occupato in precedenza e ho visto direttamente negli studi clinici, si va avanti per approfondimenti e ulteriori studi, però a un certo punto c’è bisogno di uscire, e qui c’era questa esigenza. I messaggi del collega sono messaggi per rinforzare, non per massacrare e dire “aspettiamo”.
Perché Pizer e Moderna non tirano fuori tutti i dati grezzi?
È la prassi che una serie di dati rimangano in una prima fase riservati, effettivamente è un aspetto di competizione tra le aziende.
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Immagino sia complicato fare un follow-up sull’efficacia del vaccino nella vita quotidiana, visto il distanziamento, i dispositivi di protezione, le zone rosse…
È vero, il dato singolo è sporco però è la dimensione “monstre” dei dati che ci dà un trend. Per esempio ho visto che l’Ecdc ha pubblicato 21 casi di shock anafilattico su 1,8 milioni di dose somministrate, e ci sta, è un valore atteso.
Passando a un altro vaccino di cui si attende a breve l’ok per l’Unione europea, quello di AstraZeneca dovrebbe essere efficace per il 63% circa dei casi, almeno in questa prima fase. Non è poco?
No, va bene, se consideriamo che l’influenza è su quei livelli, a secondo che sia adiuvato o meno il vaccino anti-influenzale ha quella percentuale di efficacia. In questa fase emergenziale, poi una singola dose senza bisogno di freddo intenso per la conservazione, va bene.