Il ministro Roberto Speranza cancella il decreto che avrebbe definito – a partire dal 30 ottobre – a tutti gli effetti il cbd uno stupefacente, dando un colpo di grazia alla battaglia antiproibizionista e alle aziende che lavorano in quel settore e nella cannabis light. Un passo indietro, dunque, rispetto al decreto che aveva inserito una sostanza utile (e non psicotropa come aveva ribadito al Salvagente il professor Alberto Ritieni) nella tabella delle sostanze attive stupefacenti. Questo passaggio porterà, quindi, all’attivazione di un tavolo interministeriale che, sulla base delle nuove valutazioni che verranno effettuate dell’Istituto superiore di sanità e del Consiglio superiore di sanità, dovrà arrivare ad un aggiornamento sugli effetti della cannabis light.
“Non una gran vittoria” per Luca Marola di Easy Joint, l’azienda messa sotto sequestro dalla Procura di Parma: il suo fondatore da anni intraprende una sorta disobbedienza civile, una battaglia politica e culturale che voleva portare al riconoscimento della cannabis light come sostanza ricreativa e terapeutica e non stupefacente. “Certamente si è disinnescato un problema assurdo che quel decreto avrebbe scatenato, ma per il resto la situazione resta la stessa”, scandisce Marola, che non ha molte aspettative rispetto al tavolo interministeriale: “Del resto ne fanno parte le stesse persone che hanno sempre avuto una posizione conservatrice”.
Più complicata resta, invece, la situazione specifica dell’azienda di Marola, la Easy joint: “Situazione grottesca e paradossale”. “Due settimane fa la Procura ha comunicato la chiusura delle indagini e quindi verrò rinviato a giudizio per spaccio in forma continuata”, fa sapere il fondatore di Easy Joint. Secondo il quale il paradosso della sua specifica situazione sta nel fatto che “la maggior parte delle procure d’Italia non sta intervenendo in altri casi simili: Io, invece, collega degli sponsor di serie A, rischio la galera”. Il riferimento, neppure tanto velato è a Justmary sponsor di Sampdoria, Udinese e Verona.
A suo avviso, tuttavia, anche questa retromarcia del ministro Speranza non porterà davvero all’obiettivo verso cui chi ha combattuto in questi anni puntava. “Io credo che la cannabis light verrà regolamentata, ma in modalità ‘all’italiana’. Ovvero, se la prenderanno tutte le corporazioni con più potere contrattuale, privatizzandola. Diventerà un prodotto vendibile in tabaccheria con accise, sotto regime di monopolio. E accadrà una cosa simile per la produzione e la trasformazione: resterà in mano ad una filiera chiusa, quella di Coldiretti e della Federazione italiana tabacchi”. Al di là di ciò che accadrà al suo processo, Marola si dice comunque soddisfatto dell’avventura che ha vissuto: “È stata una bella cosa, abbiamo dimostrato l’innocuità della sostanza, abbiamo sfondato il muro del proibizionismo, aperto un dibattito nell’opinione pubblica – ci dice – Si normalizzerà questo prodotto che diventerà alternativo al tabacco”. Insomma, per Marola, a sentire le dichiarazioni della politica, alla cannabis succederà – “purtroppo” – quanto accaduto nel caso delle sigarette elettroniche: “Verrà ritirata da tutti i posti che ne hanno licenza; si azzererà tutto per poi riassegnare le licenze a pochi soggetti, costituendo una filiera ben precisa. E lasciando fuori tutte le altre aziende che hanno lavorato fino ad ora”.