La mascherina serve a proteggere dal Covid, ma sarebbe bene che le normative italiane proteggessero anche chi le indossa da altri contaminanti contenuti nel materiale stesso del dispositivo. Adiconsum Veneto ha infatti analizzato diversi lotti sequestrati dalla Guardia di Finanzia scoprendo che un gran numero contiene biossido di titanio, additivo molto utilizzato in cosmesi e dall’industria alimentare come sbiancante. Nel 2006 la Iarc ha definito il biossido di titanio “possibile cancerogeno per l’uomo” quando inalato. Nel 2017 una ricerca firmata dall’Istituto nazionale francese per la ricerca agronomica (Inra), ha mostrato – per la prima volta – che l’esposizione cronica al biossido di titanio, tramite la sua ingestione, “provoca stadi precoci di cancerogenesi”. Una conclusione che ha portato il governo francese, dopo una serie di ripensamenti, a sospendere l’immissione nel mercato di prodotti che contengono tra gli additivi il biossido di titanio a partire da gennaio 2020.
Soprattutto nelle chirurgiche
Valter Rigobon, presidente di Adiconsum Veneto, racconta al Salvagente cosa hanno trovato nelle mascherine: “Abbiamo avuto delle proteste da parte dei consumatori, i quali lamentavano dei rossori quando portano la mascherina, sotto il mento o sotto gli occhi. All’inizio abbiamo dato poco peso alla cosa perché pensavamo fosse una questione di abitudine, poi dopo parecchie segnalazioni, abbiamo deciso di usare uno spettrometro per fare una verifica sul prodotto”. I risultati, dovuti anche a analisi chimici in laboratorio, dicono che in molte mascherine c’è una quantità importante di biossido di titanio. delle circa 700 mascherine, “da quelle chirurgiche a quelle Fp2, a quelle colorate, disegnate, di tutti i tipi” spiega Rigobon, “in circa 450-500 abbiamo trovato biossido di titanio in quantità variabile da 100 ppm (corrispondenti a mg/Kg, ndr) a 2000 ppm. Era soprattutto su quelle bianche. O per esempio sulla parte interna delle mascherine chirurgiche che all’esterno sono celestine. Ma lo trovato anche in quelle di cotone”. Le mascherine analizzate sono state reperite fino a due settimane fa in quasi tutte le province del Veneto in vari negozi, dalle farmacie ai supermercati. “Quelle con maggior quantità di biossido sono risultate le chirurgiche, su cui per altro non ci sono indicazioni sul luogo di produzione, quindi non possiamo dire nulla sulla provenienza”. Spiega Rigobon.
L’urgenza di una regolamentazione italiana
Il problema, come ha più volte sottolineato il Salvagente raccontando del biossido di titanio è che questa sostanza non è normata nel nostro paese. “Noi stiamo sollecitando il potere politico affinché faccia una norma sulla quantità tollerabile di biossido di titanio, quando può essere utilizzato e su quali prodotti” conclude il presidente di Adiconsum Veneto.