Negli ultimi anni una domanda di proteine animali in costante crescita, in particolare in paesi come la Cina e l’India, sta spingendo i produttori di tutto il mondo a cercare sistemi di allevamento sempre più intensivi, capaci di produrre di più e a buon mercato.
Nel numero in edicola del Salvagente raccontiamo “La via cinese agli allevamenti“. Abbiamo visitato l’impianto più grande al mondo sul monte Yaji, nella regione del Guangxi Zhuang. Blocchi di cemento, alti fino a sette piani, in ognuno dei quali sono tenuti quasi 1.300 maiali. La nuova frontiera del superintensivo che fa davvero impressione.
Il reportage La via cinese agli allevamenti la trovate nel numero in edicola o nel nostro negozio digitale
Ma il modello che Pechino sta applicando è lo stesso usato in Occidente da decenni, mentre anche l’Europa è paradossalmente protagonista di questa corsa all’intensificazione.
“La Cina non è un’eccezione, sta seguendo lo stesso modello degli altri paesi del mondo”, afferma Badi Beses, della divisione Produzioni animali e salute della Fao. “Questo processo di intensificazione è avvenuto in Europa, è avvenuto nel resto del mondo e oggi è il turno della Cina. Stanno costruendo questi immensi allevamenti usando animali con la stessa genetica che si usa altrove, esattamente come è stato fatto in Europa, in Nord America e in America Latina”.
L’Europa che non ti aspetti…
Nonostante i proclami del Green Deal sullo sviluppo sostenibile, l’Europa ha un ruolo protagonista nel processo di intensificazione dei sistemi di allevamento. Incontriamo Beses a Qingdao, una città di mare nella penisola dello Yantai, in Cina. Qui si tiene ogni anno il VIV Qingdao, una delle principali fiere dell’agribusiness cinese, che coinvolge centinaia di produttori in un’area espositiva di oltre 60mila metri quadri. VIV Qingdao è un evento organizzato dall’olandese Royal Dutch Jaarbeurs Group, e proprio l’Olanda, conosciuta come la “Food silicon valley” d’Europa, è protagonista della fornitura di conoscenze e tecnologie per allevamenti sempre più “all’avanguardia” – ovvero intensivi.
”Questo apparecchio funziona in modo molto semplice: se la scrofa vuole alzarsi, il pavimento si alza con lei, così evita di schiacciare i maialini nelle gabbie”, ci spiega un espositore olandese, tra i tanti che popolano la fiera, mostrandoci un sistema per gestire in modo automatizzato i pavimenti delle gabbie per le scrofe. “Usiamo da anni questo sistema ed è davvero molto efficace”.
All’interno della fiera, la presenza delle tecnologie olandesi è una costante e tra i convegni e i workshop ne spuntano alcuni dal titolo eloquente, come la “Tavola rotonda Cino-Olandese del settore avicolo”.
Proprio il settore avicolo è uno di quelli maggiormente interessati dall’intensificazione: un intero padiglione dell’esposizione cinese è dedicato a una lunga fila di strutture altissime, progettate per allevare polli da carne in gabbie multipiano, in modo da stiparne esponenzialmente di più nei capannoni. “È un sistema modulare, puoi mettere tutti i piani che vuoi uno sopra l’altro”, ci spiega un espositore, mostrandoci le sue gabbie. Un’altra espositrice ci mostra dei plastici che rappresentano degli allevamenti avicoli che adottano questo sistema: “Se parliamo di polli da carne, in ogni capannone possiamo mettere fino a 30mila capi”.
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Il “multipiano”
In Europa l’allevamento multipiano è uno standard diffuso da decenni per le galline ovaiole. Proprio in Olanda però l’industria negli ultimi anni sta applicando questo modello anche per i polli da carne, che in genere vengono tenuti a terra nei capannoni.
Secondo Geert Laugs, di Compassion in World Farming Olanda: “A parte qualche esperimento di allevamenti all’aperto, sta succedendo che allevamenti molto grandi stanno intensificando sempre di più la produzione. In Olanda abbiamo lo stesso numero di capi degli anni passati, ma gli allevamenti tendono a diventare più grandi”.
L’allevamento di Marcel Kuijpers, nel Limburgo, è un esempio degli allevamenti ultra-intensivi e hi-tech dell’Olanda: qui i polli sono allevati in una struttura multipiano che ha permesso all’imprenditore di stipare 250mila animali in un solo edificio “a ciclo chiuso”, dove nascono, vengono allevati e in poche settimane macellati. L’imprenditore progetta di estendere ulteriormente l’allevamento fino a 1 milione di capi e di aumentare la capacità di macellazione fino a 4mila polli l’ora, 32mila al giorno.
“Macellano i polli nella stessa struttura dell’allevamento e gli animali vivono in condizioni davvero pessime, uno sull’altro. Di certo non sono trattati come esseri senzienti”, osserva Laugs. Di diverso avviso Ingrid De Jong, ricercatrice per il comparto agricolo all’Università di Wageningen, il principale centro di ricerca olandese in campo agroalimentare: “La cosa interessante nell’allevamento di Marcel Kuijpers è che macellano i capi nella stessa struttura, i polli vengono presi da un sistema meccanizzato, così tutto fila liscio, eviti ferite legate al trasporto o problemi di contaminazione dovuti all’ambiente”.
Secondo Laugs, visto che in Olanda c’è una crescente attenzione dei consumatori sul benessere animale, la carne prodotta in queste strutture è prevalentemente destinata all’export. L’Italia, nonostante l’autosufficienza della produzione, importa ogni anno dall’Olanda circa 12mila tonnellate di carne avicola (dati Eurostat).
L’industrializzazione italiana dei polli
Negli allevamenti italiani il processo di intensificazione nel settore avicolo si limita a capannoni più estesi, ma anche qui l’intensificazione è considerata necessaria per far fronte alla forte domanda di mercato. Oggi le carni bianche sono le più consumate in Italia, con numeri in crescita, e ogni anno vengono macellati circa 500 milioni di polli, 27 milioni di tacchini e 20 milioni di galline ovaiole (dati Ismea 2019).
“L’allevamento dei polli, rispetto all’allevamento degli altri animali ‘da reddito’ come bovini, suini o conigli, rappresenta in maniera emblematica l’industrializzazione del processo di allevamento”, afferma Nino Morabito di Legambiente. “Per i grandissimi numeri, visto che in Italia ogni anno tra 450 e 500 milioni di polli entrano nel circuito di allevamento intensivo. E perché in questa industria c’è stata una forte spinta alla selezione genetica per arrivare a una razza che si prestasse a questa idea di meccanizzazione della produzione”.
Una campagna di Greenpeace chiede una profonda revisione dell’attuale Pac (Politica agricola comune), che secondo l’associazione “finora ha favorito un modello di agricoltura e allevamento intensivi, destinando un terzo dei sussidi complessivi all’1 per cento delle aziende agricole europee”, contraddicendo lo spirito delle strategie europee “Farm to Fork” e sulla biodiversità.
“La nostra richiesta forte all’Unione Europea e al governo italiano è di cambiare i meccanismi che adesso regolano la gestione dei sussidi”, afferma Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura di Greenpeace. “Per fare in modo che vengano tagliati quelli destinati agli allevamenti intensivi e vengano invece dirottati a chi riesce a fare un’agricoltura su piccola scala e sostenibile”.