Miele, produzione in calo per il 4° anno (e torna il rischio di quello straniero)

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Per il quarto anno consecutivo, i circa 2.000 apicoltori dell’Umbria fanno i conti con una produzione che segna ovunque -50%, con punte del -70% in alcune zone del territorio regionale, soprattutto per l’apicoltura stanziale, vale a dire con alveari stabili sul territorio, a differenza del nomadismo dove l’apicoltore trasporta gli sciami anche in regioni limitrofe per fare incetta di nettare. Cia Umbria lancia l’allarme: rischiamo l’ennesima invasione di miele straniero sugli scaffali della Gdo. In effetti nella denuncia della Cia umbra non c’è nulla di diverso rispetto a quanto da anni le principali organizzazioni di agricoltori segnalano su tutto il territorio italiano: una produzione sempre più risicata che sconta i danni di un uso indiscriminato di pesticidi e dei cambiamenti climatici.

“Tirando le somme, siamo in sofferenza per il quarto anno di fila, effetto del cambiamento climatico in atto e della parassitosi causata dall’acaro Varroa, che sfrutta questi momenti di sofferenza delle colonie per indebolirle ulteriormente” ha spiegato Tiziano Gardi, docente del corso di Apicoltura come attività zootecnica l’Università di Perugia e Presidente della Commissione tecnico dell’albo nazionale allevatori api italiane. Grandine grossa come noci in pieno agosto, sbalzi termini notturni fino a -15 gradi, nessuna stabilità stagionale. Risultato? Le piante vanno in stagnazione e bloccano la produzione del nettare; le api non trovano quello che cercano, la varroa e i virus che porta hanno un lavoro facile. E così la produzione scende e a pagarne le spese sono soprattutto i consumatori.

Per il Presidente Cia Umbria, Matteo Bartolini “la scarsità di produzione di miele umbro, e italiano in generale, porterà nei supermercati miele di importazione, Cina in primis, che non ha alcuna garanzia sanitaria rispetto alle produzioni locali. Sono mieli prodotti con l’uso di antibiotici in zootecnia, che possono contenere sostanze contaminate e altamente inquinanti. I nostri mieli, invece, sono controllati in modo rigoroso dalle Asl e dalla legge italiana”. Inoltre, impariamo a leggere l’etichetta: quando c’è scritto ‘miscela di mieli comunitari’, occhio all’ordine dei Paesi. Se l’Italia è prima, vuol dire che una buona percentuale di quel miele è italiano, ma se l’Italia compare come ultimo paese, allora potrebbe aver contribuito al prodotto solo per il 3%.