La Commissione Europea, dopo un esame preliminare, ha aperto un’indagine approfondita per valutare l’acquisizione di Fitbit da parte di Google. L’accordo di novembre 2019, un’offerta da 2,1 miliardi di dollari, permetterebbe a Mountain View di entrare nel mercato degli smart watch e fitness tracker dominato da Apple e Samsung, ma l’antitrust della Ue è preoccupato per come il colosso possa cementificare la sua posizione nel mercato della pubblicità online. Il colosso potrebbe, infatti, contare sui dati di salute degli utenti dei dispositivi indossabili, traendo “un vantaggio importante nel mercato della pubblicità online”.
La decisione dell’antitrust europeo è attesa entro il 9 dicembre prossimo. Per la commissaria alla concorrenza, Margrethe Vestager, nei prossimi anni il mercato dei dispositivi indossabili, come gli smart watch, crescerà molto e l’indagine assicurerà che il controllo dei dati non distorca la concorrenza. “I dati sulla salute inviati dagli apparecchi da polso sembrano, in questa fase dell’indagine, rappresentare un vantaggio importante nel mercato della pubblicità online – scrive Bruxelles -. Sarà più difficile per i concorrenti di Google uguagliare i servizi di pubblicità online e questo solleverebbe barriere all’ingresso e all’espansione del settore”.
L’azienda di Mountain View ha risposto con un post sul proprio blog ufficiale firmato da Rick Osterloh, vicepresidente “Devices and Services”. Apprezziamo l’opportunità di lavorare con la Commissione europea a un approccio che risponda alle aspettative dei consumatori sui loro dispositivi indossabili”, scrive Osterloh. Sottolineando però che “l’accordo con Fitbit riguarda i dispositivi, non i dati. Siamo stati chiari fin dall’inizio che non utilizzeremo i dati di salute e benessere di Fitbit per gli annunci di Google e recentemente abbiamo offerto alla Commissione europea un impegno giuridicamente vincolante per quanto riguarda il loro utilizzo”. “Come facciamo con tutti i nostri prodotti – conclude – daremo agli utenti la possibilità di rivedere, spostare o cancellare i loro dati”.
D’atronde, come abbiamo scritto a novembre 2018, quello dei dati sanitari è una “gallina dalle uova d’oro”. Massimo Solani raccontava di “un settore dagli sviluppi potenzialmente infiniti su cui i grandi colossi della tecnologia, da Google e Ibm passando per Amazon, stanno già investendo centinaia di milioni per quella che per molti è già la nuova corsa all’oro in un business che per il 2021 potrebbe superare i 6,6 miliardi di dollari”.
L’uso dell’intelligenza artificiale, infatti, può aiutare le équipe mediche a fare diagnosi basate sull’analisi di un numero sterminato di dati sanitari in tempi brevissimi, oppure può orientare la scelta della cura più appropriata comparando ciascun caso clinico con la storia medica di altri casi mappati attraverso l’acquisizione dei dati sanitari di migliaia di persone. Impensabili e potenzialmente illimitate anche le applicazioni legate allo studio dei profili genetici e la previsione di possibili malattie correlate al Dna o alle abitudini di vita, così come quelle per la cosiddetta medicina di prossimità con lo sviluppo di interfacce cliniche in grado di interagire con i pazienti, studiarne i sintomi e individuarne le malattie.
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È per questo che Google ha già investito 500 milioni di dollari su DeepMind, società che ha avviato decine di progetti che, fra le altre cose, si occupano di cure oculistiche e di riconoscimento dei tessuti cancerosi attraverso l’analisi di immagini mediche fornite dai pazienti. Un settore, quello dell’oncologia, su cui sta lavorando anche Ibm Watson attraverso un proprio progetto che punta a definire un percorso di cura attraverso la combinazione della storia clinica del malato con l’expertise clinico e la comparazione con dati esterni relativi ai percorsi medici di migliaia di altre persone affette dalla stessa patologia. In pratica, secondo Ibm Watson, in breve sarà possibile arrivare a una situazione in cui sarà proprio l’intelligenza artificiale a stabilire quale sia la cura più adatta per un malato di cancro. E di Ibm è anche il progetto “Medical Sieve” che potrebbe permettere alla tecnologia di analizzare esami radiografici di routine e evidenziare possibili problemi anche senza la supervisione di un medico in carne e ossa.
Sono già centinaia i progetti, più o meno ambiziosi, censiti in tutto il mondo e già utilizzati nelle strutture mediche o nei laboratori di ricerca. O accessibili anche soltanto attraverso una applicazione per lo smartphone. È il caso di “Babylon Health”, startu p britannica che ha raccolto 60 milioni di dollari di finanziamenti e, attraverso un sistema di intelligenza artificiale, fornisce consulenze basata sull’anamnesi personale e su conoscenze generali di medicina confrontando i sintomi con un database di malattie e offrendo indicazioni su come intervenire. L’obiettivo per i responsabili del progetto, che hanno reso noto di aver già curato 250mila persone, è quello di arrivare a fornire assistenza medica e cure ai pazienti esclusivamente grazie all’intelligenza artificiale. “Sense.ly”, invece, ha sviluppato il progetto di un’infermiera virtuale che, con volto sorridente e voce suadente, attraverso il machine learning (l’apprendimento automatico) aiuta a supportare i pazienti fra una visita medica e l’altra.
E se sono ancora tutte da scoprire le potenzialità della tecnologia legata all’intelligenza artificiale nel settore delle cure mediche, altrettanto misteriosi restano però i rischi connessi alla possibilità che grandi operatori tecnologici, ed economici, maneggino dati personali sensibili come quelli relativi alla salute. Informazioni che potrebbero valere oro nelle mani sbagliate.