La ripresa dell’attività didattica è certamente un passaggio cruciale verso la normalità. Ovvio che debba rispettare dei criteri per garantire sicurezza a lavoratori e alunni. Tuttavia il parere espresso dal Comitato tecnico scientifico ha almeno due criticità”. Antonello Giannelli è il presidente dell’Associazione nazionale presidi che nei giorni scorsi ha presentato al governo la propria proposta di riapertura.
Quale sono le cose che non la convincono, dottor Giannelli?
Innanzitutto il distanziamento sociale. Nelle strutture che abbiamo a disposizione, la distanza tra un alunno e un altro di due metri è difficile da applicare. I nostri plessi sono nella maggior parte dei casi ospitati da edifici storici con pareti spessi e aule difficilmente adattabili alle nuove esigenze. Non è facile applicare questa misura e – mi creda – non è una questione economica, questa volta, perché le risorse ci sarebbero anche ma non sono lavori che si possono fare in breve tempo.
Avremmo potuto utilizzare il mese di maggio per fare rodare il sistema in vista dell’apertura di settembre?
No, a mio avviso no. Se è vero che i ragazzi difficilmente si ammalano è anche vero che possono esswere un veicolo dell’infezione e mettere a rischio docenti, genitori e nonni. La sicurezza prima di tutto.
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E l’altra criticità di cui parlava?
Gli ingressi e le uscite contingentati. Innanzitutto questo creerà problemi alle famiglie: pensiamo a chi ha più figli che entreranno a orari differenti, sarà un caos. Anche per chi deve recarsi a lavoro in un orario prestabilito. E poi, come sarà questo contingentamento? Questo le linee guida non lo spiegano, noi abbiamo delle idee ma dobbiamo necessariamente trovare un equilibrio tra le ore di lavoro dei docenti che non potranno aumentare e la necessità di non creare assembramenti.
A cosa state pensando?
Un’idea potrebbe esser quella di ridurre la durata delle lezioni, da 60 a 40 minuti: certo questo significherebbe per gli studenti perdere 20 minuti di lezione, ma consentirebbe di scaglionare gli ingressi che, comunque, dovrebbero prevedere comunque dei piccoli gruppi.
Nel parere il Comitato prevede di utilizzare anche gli spazi all’aperto, come sono le nostre strutture?
I plessi che hanno uno spazio all’aperto nel nostro paese sono una piccolissima minoranza. Certo chi ha un giardino può e deve usarlo ma dobbiamo tenere conto anche delle condizioni climatiche: non tutte le scuole sono collocate in zone dal clima favorevole: non dimentichiamo che in alcune zone dell’Italia settentrionale inizia a fare freddo già ad ottobre.
E’ contento di come la scuola italiana ha reagito a questa emergenza?
Premesso che quando parliamo di scuola tutti intendiamo la scuola in presenza dove oltre all’apprendimento i ragazzi imparano la socialità, credo che l’esperimento della didattica a distanza –impensabile fino a qualche mese fa – abbai funzionato. Certamente il modello è perfettibile perché non ha funzionato a dovere in tutte le scuole, ma credo che gli studenti di una buona parte del paese abbai continuato a fare lezione. Ricordiamo che sulla scuola ha sempre pesato il giudizio di essere un’istituzione statica e invece ha dimostrato di sapere essere anche dinamica.