A formare lo smog della Pianura Padana, oltre a ossidi di azoto e di zolfo, concorre in maniera importante l’ammoniaca che, liberata in atmosfera, si combina con questi componenti generando le polveri fini. Cruciale il ruolo degli allevamenti, responsabili di circa l’85 per cento delle emissioni di ammoniaca in Lombardia. Secondo l’Arpa regionale, l’ammoniaca che fuoriesce dagli allevamenti “concorre mediamente a un terzo del PM della Lombardia, ma durante gli episodi acuti tale contributo aumenta superando il 50 per cento del totale”. E’ quanto emerge da un report condotto dall’Unità nvestigativa di Greenpeace Italia, in collaborazione con ISPRA.
Come è emerso più volta durante questa emergenza, chi vive in aree con alti livelli di inquinamento dell’aria sia più incline a sviluppare problemi respiratori cronici, che sono terreno fertile per agenti infettivi come il Covid19.
“I Comuni dovrebbero stabilire qual è il numero massimo di allevamenti e capi allevati che è possibile avere sul loro territorio, perché altrimenti i danni si ripercuotono sui cittadini” afferma Riccardo De Lauretis, responsabile dell’area emissioni e prevenzione dell’inquinamento atmosferico di ISPRA.
Lombardia ed Emilia-Romagna risultano, infatti le aree più inquinate d’Italia – sicuramente dal punto di vista del particolato – e tra le più inquinate d’Europa. Arpa Lombardia conferma poi il rapporto di causa-effetto tra le attività zootecniche e l’aumento di PM, con picchi registrati durante lo spandimento di liquami sui campi.
“Gli allevamenti intensivi non solo si confermano la seconda causa di polveri sottili, ma si può osservare come dal 1990 al 2018, il loro contributo sia andato crescendo. Paradossalmente, però, una gran quantità di soldi pubblici continua a foraggiare questo sistema, a cominciare dai sussidi della PAC” commenta Federica Ferrario, responsabile Campagna Agricoltura di Greenpeace Italia. “Per ridurre le emissioni di ammoniaca e quindi le concentrazioni di particolato il settore allevamenti potrebbe fare molto. Puntare sulla qualità invece che sulla quantità è una priorità: attraverso produzioni che rispettino alti standard anche dal punto di vista ambientale, possiamo rilanciare il nostro Made in Italy dopo questa difficile fase emergenziale, per questo le strategie future, come il Green Deal europeo e Farm to Fork, e strumenti come la PAC devono prevedere risorse adeguate per aiutare le aziende agricole a ridurre il numero degli animali allevati e nel passaggio a metodi di produzione ecologici”.
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