In questi giorni eccezionali di emergenza epidemiologica, la frase che sentiamo ripetere più spesso è “questo evento cambierà le nostre abitudini di vita: ci sarà un prima e un dopo”. Ed è sicuramente una frase seria e vera. Se vogliamo fare un pò ironia, che non fa mai male, forse questa emergenza cambierà anche le nostre abitudini alimentari. Tra i tanti decreti (sacrosanti), le circolari ministeriali (giuste) non mancano le circolari – bizzarre – come quella che i vigili urbani di Roma hanno ricevuto da Massimo Ancillotti, vice comandante del corpo e responsabile dell’unità operativa che si occupa dello studio e dell’applicazione delle norme, che conteneva alcuni chiarimenti circa l’applicazione del decreto del governo dell’11 marzo che imponeva la chiusura della quasi totalità di negozi e locali. Una bussola, insomma, per spiegare ai vigili impegnati nel controlli quali sono i comportamenti sanzionabili e quali no.
Pochi articoli tra ci spicca l’1.4 Laboratori di panificazione: “Si conferma che l’attività di laboratorio di panificazione può essere esercitata. Tale attività comprende oltre alla preparazione di vari tipi di pane e grissini, anche la preparazione di pizza e focacce tipiche di panificazione sia bianche (semplici o condite con olio e rosmarino) sia rosse (condite al pomodoro ed olio) e di pasticceria secca. Non si deve considerare compresa la pizza condita e farcita diversamente. Si ribadisce che nello svolgimento dell’attività non può essere mai consentito il consumo sul posto, né, ovviamente, alcuna altra forma di somministrazione”.
Libero sfogo alla ratio della norma. C’è chi dice che sia la potente lobby dei “pizzettari” che ha l’obbligo di restare chiuso e che quindi abbia fatto pressione affinché i forni potessero sfornare solo poche e semplici pizze. C’è chi vuole vedere nella circolare l’ennesima norma per evitare gli assembramenti, della serie c’è poca scelta e quindi meno avventori. Oppure, ed è questa la più accreditata – è un modo per ridurre al minimo (e a merci necessarie) gli spostamenti dei fornitori che così si trovano a fare meno giri di consegne. Tant’è che resta l’amaro in bocca: perché tanto accanimento contro la margherita?