Coronavirus, tra persistenza sulle superfici e giorni d’incubazione, i dietrofront della scienza

Con il passare dei giorni l’allerta sul coronavirus è tutt’altro che ridimensionati, e anche molte delle poche certezze sbandierate dalla scienza nelle ultime settimane, vengono rimesse in discussione. Secondo il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, “Con il 99% dei casi di contagio in Cina, il coronavirus rimane un’emergenza per il Paese, ma rappresenta una grave minaccia per il resto del mondo”.  I dati delle autorità sanitarie di Pechino parlano di 1.018 vittime causate dall’epidemia, con oltre 100 persone decedute in un solo giorno, più del giorno prima. Saliti a oltre 42 mila i contagi, e tra questi a preoccupare è una donna di San Diego, in California: era stata dimessa dal centro di quarantena, dove era trattenuta dopo il ritorno dalla Cina, per errore. Sarebbe la prova che il virus si sta diffondendo anche oltre le maglie di sicurezza messe in campo.

A rischio il 60-80% della popolazione mondiale

Del resto, Il prof. Gabriel Leung, presidente della medicina per la salute pubblica presso l’Università di Hong Kong, ha affermato che la domanda principale era capire le dimensioni e la forma dell’iceberg. La maggior parte degli esperti pensa che ogni persona infetta potrebbe continuato a trasmettere il virus a circa 2,5 persone. Ciò ha dato un “tasso di attacco” del 60-80%. “Il sessanta per cento della popolazione mondiale è un numero tremendamente grande”, ha detto Leung al Guardian, in viaggio per un incontro di esperti presso l’Oms a Ginevra. Anche se il tasso di mortalità generale è inferiore all’1%, cosa che Leung ritiene possibile una volta presi in considerazione i casi più lievi, il bilancio delle vittime sarebbe enorme.

I contrordini sui tempi

Insomma, dati non tranquillizzanti, che seguono la rettifica rispetto alle prime versioni secondo cui il coronavirus non resisterebbe sugli oggetti e sulle superfici, mentre un nuovo studio pubblicato sul Journal of Hospital Infection, parla di una resistenza fino a 9 giorni in condizioni di umidità e temperatura adatte (anche se la carica virale diminuisce di molto dopo poco). Fortunatamente, i ricercatori della University Medicine Greifswald, in Germania, hanno rivelato che bastano detergenti a base di candeggina o disinfettanti a base di alcol o acqua ossigenata per uccidere il virus.

L’altro numero decisivo, che però sembra anche questo destinato a revisione è quello dei giorni di incubazione: si era detto 14 giorni, ma con un articolo circostanziato, lo scienziato cinese Zhong Nanshan ha esteso il ‘periodo finestra’ a 24 giorni.