Alberto Ritieni, assieme ai colleghi del dipartimento di Farmacia Federico II dell’Università di Napoli, Luana Izzo, Giulia Graziani e Anna Gaspari e a quelli dell’Università di Valencia, è autore dello studio sul latte che ha suscitato l’interesse del Salvagente, dandoci lo spunto per ripeterlo con il test su 21 campioni di latte italiano che trovate in edicola. La ricerca, pubblicata sul Journal of Dairy Science, mostra i risultati di analisi ottenuti con il nuovo metodo e lo strumento utilizzato dagli scienziati (l’Orbitrap-MS) a partire da 56 confezioni di latte italiano.
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“Il latte era un test – racconta Ritieni al Salvagente – e attraverso questo lavoro siamo riusciti a mostrare le potenzialità di un’analisi che unisce alla sua rapidità, alla praticità, l’efficacia e la robustezza e la sua riproducibilità”.
Quanto a sensibilità il risultato è davvero notevole, tenuto conto che trovate molecole da 10 a 100 volte sotto quelle che riescono a vedere i laboratori di alcuni zooprofilattici…
Per di più mettendo assieme metaboliti diversi come le micotossine e i farmaci.
Professor Ritieni, che tipo di applicazioni può avere questo metodo di analisi?
Per le sue caratteristiche e i vantaggi che offre speriamo in un’applicazione su larga scala. Sappiamo che alcune strutture pubbliche possiedono già l’Orbitrap, noi siamo ovviamente disponibili a collaborare. Immaginate che tipo di ausilio potrebbero dare questi test in chi controlla le filiere alimentari, di qualunque tipo esse siano. O per capire da dove arrivano le tracce – tanto per restare in tema – dei farmaci veterinari che abbiamo trovato nel latte.
Una sorta di detective ma di quelli evoluti…
E in grado di seguire tracce finora invisibili. Pensate alle aziende che grazie a questo metodo e alle vostre analisi hanno scoperto di avere bassi contenuti di Amxicillina. Ora sanno che potranno controllare i fornitori per tentare di eliminare non un rischio, visti i livelli trovati in analisi, ma una fonte di pericolo sì.
Il vostro lavoro ha cercato anche 26 micotossine nei 56 latti. Con quali risultati?
Abbiamo cercato tanto le micotossine di cui generalmente si va a caccia nelle analisi sul latte che le molecole meno indagate. E la risposta è stata interessante. La situazione sembra molto positiva anche rispetto a lavori analoghi fatti in passato: nessun campione analizzato era contaminato da micotossine.
Una notizia rassicurante. Non così è andata per i residui di farmaci, professore.
Qui abbiamo trovato sostanze farmacologicamente attive nel 49% dei campioni, a concentrazioni tra 0,007 e 4,53 ng/ml.
Quantità bassissime ma non proprio trascurabili secondo tutti gli esperti che abbiamo consultato. Soprattutto quando i consumatori sono bambini…
Nelle nostre conclusioni sottolineiamo che dato che il latte è raccomandato nella loro nutrizione, i neonati e i bambini in età infantile sono particolarmente esposti a queste sostanze e potrebbero risultare più vulnerabili. La loro capacità a metabolizzare questi agenti tossici non è ancora ben sviluppata. Per questo un monitoraggio costante degli allevamenti sarebbe necessario per assicurare la salute di questi piccoli consumatori.
È quanto ci ha spiegato il professor Francavilla. E quanto ha ribadito anche il professor Carlo Nebbia dell’Università di Torino nel parere dato a Conad per la presenza di dexamethasone. Pur non essendo un antibiotico, ma un glucocorticoide fluorurato di sintesi, il professor Nebbia scrive: “In considerazione della natura dei potenziali consumatori (neonati) sarebbe a mio avviso opportuno che tale farmaco non fosse presente”.
Credo che abbiano ragione entrambi. E ora che abbiamo il metodo e gli strumenti in grado di rivelare anche in maniera relativamente economica queste presenze non possiamo non domandarci che effetto possano avere su organismi deboli e ancora poco formati. Pensate ai neonati non allattati al seno che hanno già il microbiota stressato. Che effetto può avere su di loro l’assunzione costante, anche se in dosi infinitesime, di antibiotici, cortisonici, antifiammatori? Prendere le misure necessarie, nella filiera degli allevamenti, per evitare questi rischi credo sia un’azione necessaria.
La risposta di Conad, Esselunga e Granarolo alle analisi realizzate dal Salvagente, fa ben sperare: tutte parlano di un’attenzione particolare per limitare il più possibile i residui di farmaci veterinari negli allevamenti e di conseguenza nel latte.
Credo sia la reazione giusta per aziende serie ed evolute. Se fino a oggi non erano (come non eravamo noi) a conoscenza di un rischio, ora che questo è misurato debbono tenerne conto, mettendo in campo forme di correzione per assicurare la salute dei consumatori.
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