Duecento miliardi di dollari l’anno. Tanto, secondo l’Onu, vale per la criminalità organizzata il traffico mondiale di farmaci contraffatti, rubati o irregolari. Un piatto ricco su cui anche le mafie italiane hanno allungato le mani. Come ha dimostrato l’inchiesta “Vulcano” della Procura di Napoli che nel 2014 scoprì un traffico illegale di Herceptin un farmaco antitumorale – il cui costo variava dai 1.500 ai 15mila euro a confezione – gestito dalla Camorra e che si espandeva in mezz’Europa. Quell’operazione divenne un caso di studio perché i magistrati riuscirono a creare una collaborazione internazionale di contrasto al traffico di farmaci rubati e contraffatti.
Lo studio del Consiglio d’Europa e i ritardi dell’Italia
Eppure le norme nazionali e i meccanismi giudiziali spesso ostacolano il contrasto ai reati farmacologici che sempre più spesso valicano i confini e coinvolgono più paesi. L’Italia da questo punto di vista è davvero ancora in forte ritardo visto che non ha ancora ratificato la Convenzione Medicrime del Consiglio d’Europa, che offre un quadro di norme e di meccanismi di cooperazione internazionale che concepiscono il furto di medicinali come attentato alla salute pubblica e non solo come furto.
Uno studio del Consiglio d’Europa condotto nell’ambito della Convenzione Medicrime del Consiglio d’Europa ha messo in luce le carenze degli attuali approcci legislativi in materia di protezione dei pazienti contro i medicinali falsificati in Europa. Lo studio, scritto da Domenico Di Giorgio dell’Agenzia italiana per i medicinali (Aifa), e Diana Russo, procuratore di Napoli, in Italia, con il sostegno dell’Edqm, si sono concentrati su un caso reale dall’Operazione Vulcano del 2014, che ha visto medicinali anti-cancro rubati dagli ospedali italiani e reintrodotti nelle catene di distribuzione per essere venduti in tutta Europa. Lo studio mostra come la Convenzione Medicrime avrebbe sostenuto il procedimento giudiziario e portato a sanzioni efficaci contro gli autori, sostenendo la corretta attuazione della convenzione.
“Non furto ma attentato alla salute pubblica”
I risultati dello studio hanno messo in luce l’inadeguatezza della legislazione esistente in materia di reati farmaceutici alla luce delle loro potenziali ripercussioni sulla salute pubblica. Lo studio ha evidenziato in particolare carenze nei sistemi di tracciabilità, la frammentazione dei procedimenti relativi a reati farmaceutici e opzioni insufficienti per sanzioni accessorie.
L’indagine ha mostrato che le accuse penali applicabili sono rimaste per lo più generiche e non erano adatte alle implicazioni specifiche per la salute pubblica derivanti dalla falsificazione di medicinali. Dal furto di merci o dalla manipolazione di beni rubati all’associazione criminale – che attualmente può essere punita solo in base alle disposizioni per le associazioni mafiose (Italia) o per cospirazione (Regno Unito) – la maggior parte dei quadri normativi non prende in considerazione il fatto che reintrodurre i medicinali rubati sui mercati rappresenta un rischio molto maggiore per i pazienti rispetto ai furti ordinari. I medicinali che non sono conservati correttamente o manomessi possono privare i pazienti inconsapevoli delle cure necessarie e influire negativamente sulla loro salute. Allo stesso modo, le sanzioni per la fabbricazione di medicinali illegali o per la manipolazione di medicinali autentici, sebbene coperte dalla maggior parte dei codici penali, sono spesso subordinate alla prova di danni ai pazienti o considerate una violazione del marchio, contrariamente alle disposizioni della Convenzione Medicrime, che prevede addebiti grazie alla sua attenzione al potenziale rischio per i pazienti.
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