Da circa dieci anni a questa parte, migliaia di genitori italiani hanno pensato di compiere un gesto d’amore speciale per i loro piccoli appena nati: la crioconservazione delle cellule staminali estratte dal cordone ombelicale. Una possibilità in più, per il futuro, di salvaguardare la salute dei propri figli nel caso ve ne sia il bisogno. Ma in Italia questa pratica non è permessa: se è vero che è consentito donare il cordone a banche pubbliche, per la raccolta cosiddetta autologa o intra-familiare ci si deve rivolgere a banche private fuori dai confini nazionali.
E così hanno fatto tantissimi genitori che si sono rivolti alla Cryo Save, società con sede legale in Svizzera (e una sede marketing a Roma) “prima in Europa” – recitava così uno slogan sul suo sito – come banca privata di cellule staminali.
Ma qualcosa è andato storto: nel silenzio più assoluto la società svizzera sembra essere fallita, i campioni lì depositati trasferiti – forse non tutti – presso una società polacca, nessun numero da chiamare per avere spiegazioni, nessun responsabile con cui parlare.
E un’unica domanda che ronza in testa ai genitori che si sono affidati alla Cryo Save: che fine hanno fatto le cellule di mio figlio?
La storia di Sara: “Non so dove sono i miei campioni”
Una delle tante persone a vivere questa angosciosa vicenda è Sara (il nome è di fantasia), una neo-mamma romana che ha deciso di raccontare al Salvagente la sua storia.
“É iniziato tutto poco più di un anno fa, ad agosto del 2018, quando ero al quinto mese di gravidanza e ho iniziato a prendere in considerazione l’idea della crioconservazione delle cellule staminali per la mia bambina. Così mi sono confrontata con il mio ginecologo e informata il più possibile, sapendo comunque che, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, potevano essere utili in caso di leucemie o disturbi alle cartilagini. Insomma, alla fine ho pensato che sì, ne valeva la pena.
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Per la scelta della banca privata ho fatto una ricerca accurata su Internet e così mi sono imbattuta nella Cryo Save, che vantava tantissime recensioni positive e bombardava con pubblicità serrata e slogan convincenti, che presentavano la strada della conservazione per uso autologo del cordone ombelicale come un’assicurazione sul futuro dei nostri figli, quasi un jolly per tutti i mali. Io sapevo che non era così, che l’utilizzo è ancora limitato e tanti studi ancora in corso ma mi convinco comunque della bontà dell’offerta e sottoscrivo un contratto pieno di clausole (una di queste prevedeva che se non pagavo quanto dovevo, la società si sarebbe praticamente appropriata delle cellule). Come richiesto, poi, indico il codice Iban del mio conto corrente.
Il pacchetto a 1.900 euro
Il pacchetto che ho sottoscritto comprendeva la crioconservazione per 20 anni del cordone e del sangue ombelicale, quindi due campioni, per un totale di circa 1.900 euro, ma c’erano pacchetti ben più cari.
Inizialmente mi chiedono il pagamento di soli 250 euro, spiegandomi che il contratto, con il pagamento delle rate, sarebbe scattato solo dopo aver verificato la buona qualità dei campioni ricevuti, che avrebbe permesso il buon esito della conservazione.
Dunque, verso l’acconto e inizio il lungo e complesso iter burocratico per avere tutte le autorizzazioni sanitarie per il prelievo durante il parto. Arriva il fatidico giorno, l’ostetrica esegue il prelievo e i campioni vengono spediti in Svizzera con un corriere mandato dalla Cryo Save. Era dicembre, e da quel momento non ho saputo più nulla.
A marzo contatto la sede italiana: mi rimbalzano da una persona ad un’altra ma non riesco a capire se la conservazione è andata a buon fine oppure no.
La Cryo Save non risponde ma sul mio conto…
Passa il tempo, ancora nel silenzio più assoluto, quando lo scorso agosto, prelevando al bancomat mi accorgo che mancano dei soldi. Un veloce controllo all’estratto conto e scopro che la Cryo Save ha prelevato circa 500 euro. Sul momento sono anche contenta, penso che finalmente la crioconservazione è in atto, ma poi mi pongo dei dubbi: perché non sono stata contattata? Perché non ho in mano niente, un certificato, una matrice?
In poco tempo quindi capisco che qualcosa non va: su Internet trovo un gruppo Facebook di persone che raccontano la loro odissea con la Cryo Save e scopro che la società è fallita (e infatti i telefoni italiani risultano staccati).
Con in mano una denuncia ai carabinieri riesco a bloccare i prelievi dal mio conto corrente e, fortunatamente, anche a recuperare i soldi che la società aveva già preso.
Ma resta la domanda più importante: le cellule di mia figlia dove sono?
“Ci hanno ingannato. Ora è bene sapere”
Se penso che vi sia la possibilità che siano state lasciate a seccare in qualche sgabuzzino mi sento malissimo!
La cosa più grave è che io non ho in mano nulla per rintracciare i campioni che ho inviato alla Cryo Save. Altre famiglie, invece, hanno almeno ricevuto un’email di conferma che lo stoccaggio era andato a buon fine e i relativi certificati che testimoniano che i campioni prelevati erano conservati nei laboratori della società. Io invece non ho nulla! Se anche si riuscisse a sapere che i miei campioni sono conservati in qualche laboratorio in Europa, non avrei comunque modo di identificarli.
Sto vivendo una situazione angosciante, mi sento tradita, è una sensazione indescrivibile. Se ne parlo è perché voglio che si sappia quello che ha fatto la Cryo Save, come ha ingannato migliaia di persone, giocando sulle paure e le speranze di un genitore che vuole garantire il meglio al proprio figlio. Non ho idea di come finirà questa storia, ma spero che non si ripeta mai più.”
La denuncia dell’Ufficio federale della Sanità pubblica elvetico
Intanto la vicenda della Cryo Save si arricchisce di nuovi particolari. Come riferisce l’Ansa, la società è stata denunciata dall’Ufficio federale della Sanità pubblica elvetico (Ufsp) per violazione della legge sui trapianti e inadempimento degli obblighi di notifica e di cooperazione.
La Cryo Save disponeva dal 2016 di un’autorizzazione per l’importazione, l’esportazione e la conservazione di cellule staminali ricavate dal sangue cordonale ma in agosto è stata radiata poiché la filiale era stata cancellata dal registro di commercio del Canton Ginevra. La società infatti aveva trasferito in Polonia le cellule staminali conservate, secondo le sue stesse indicazioni, e i referenti non risultavano più raggiungibili dalle autorità.
Le rassicurazioni dei ginecologi italiani
A rassicurare le famiglie italiane coinvolte nella vicenda sono intervenuti i ginecologi italiani dell’Aogoi con una nota stampa dove informano di avere “appreso che i campioni biologici originariamente affidati alla Cryo Save, sono stati trasferiti ad altra società, la FamiCord“, società che rispetta gli standard, qualitativi e di sicurezza, approvati a livello nazionale e internazionale.
“Al di là di questi indubitabili requisiti qualitativi e di sicurezza, la stessa FamiCord, avendo ricevuto i campioni biologici dalla Cryo Save in forza di un contratto, non può esprimere certezza sull’avvenuto trasferimento di tutti i campioni biologici originariamente detenuti dalla Cryo Save. Sul fronte della necessaria rassicurazione delle tante famiglie italiane purtroppo toccate da questa vicenda, la FamiCord non è abilitata a contattarle direttamente, in ragione delle stringenti normative sulla privacy: sono le famiglie stesse che possono già mettersi in contatto con la FamiCord, attraverso un link dedicato già attivo sul sito dell’azienda, e saranno quindi ricontattate al più presto per ricevere tutte le informazioni del caso”.
Restano forti dubbi
Una notizia buona solo a metà: se molti genitori potranno avere finalmente qualche informazione, resta però il dubbio che non tutti i campioni siano stati trasferiti (alcuni dunque si sono persi per strada?) e comunque ci sono persone, come Sara che ci ha raccontato la sua vicenda, che non hanno in mano nulla per identificare i propri campioni, nessun certificato, nessuna matrice. Per loro quale soluzione si avrà?