Batterio New Delhi, crescono a 36 i morti in Toscana

Tra novembre 2018 e il 15 settembre 2019 il batterio New Delhi, come riporta l’ultimo aggiornamento dell’Ars, l’Agenzia regionale di sanità, ha causato in Toscana la morte di 36 persone, con oltre 700 ricoveri di soggetti portatori del ceppo batterico. Lo rivela l’ultimo monitoraggio dell’Ars, l’Agenzia regionale di sanità che monitora la diffusione degli enterobatteri Ndm (New Delhi metallo beta-lactamase).Nel periodo osservato i batteri NDM sono stati isolati nel sangue di 90 pazienti (nel precedente bollettino dell’11 settembre erano 75).

Che cos’è il batterio killer

Il New Delhi Metallo beta-lactamase, è un enzima prodotto da batteri presenti nell’intestino, in grado di resistere a molti tipi di antibiotici. I farmaci che vengono resi inefficaci comprendono i carbapenemi, classe di antibiotici utilizzati per infezioni gravi. Il nome deriva dalla prima identificazione, nel 2008, di questa proteina in un cittadino svedese che era stato precedentemente ricoverato in India, a New Delhi. L’NDM rappresenta un nuovo meccanismo di antibiotico-resistenza, sviluppato da batteri normalmente presenti nella flora intestinale umana che possono diventare virulenti in seguito all’esposizione prolungata a determinati antibiotici. La capacità di resistere agli antibiotici rende pertanto pericolosi questi batteri, soprattutto in pazienti fragili, già colpiti da gravi patologie o immunodepressi.

Perché in Toscana?

Fino a pochi mesi fa in Italia la presenza di batteri NDM era stata riportata solo sporadicamente. Da novembre 2018 si è osservata una diffusione significativa nell’area nord-occidentale della Toscana, che è stata oggetto di un comunicato dell’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control). In Toscana i batteri produttori di NDM sono stati identificati nel sangue di pazienti ricoverati con patologie gravi e confermati da test molecolari. La diffusione dei batteri NDM ha riguardato numerosi ospedali: nella maggior parte dei casi si è trattato di colonizzazioni, ma si sono verificati anche casi di infezioni gravi in pazienti già compromessi.

“I casi sono risultati letali nel 40% dei pazienti con sepsi – si legge nell’ultimo aggiornamento dell’Ars –  percentuale paragonabile alla letalità per questa condizione causata da altri batteri resistenti agli antibiotici carbapenemici”.

Cosa si sta facendo per contenere l’epidemia?

Fin dalle prime segnalazioni tra marzo e aprile del 2019, fa sapere la Regione Toscatna, la tematica è stata affrontata dal Tavolo regionale PNCAR (Piano nazionale di contrasto all’antimicrobico-resistenza) e al coordinamento dei Direttori sanitari e, di concentro con il ministero della Salute, sono state prese precauzioni e rafforzati controlli in tutti gli ospedali.

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L’Assessorato alla Salute ha costituito a maggio 2019 un’unità di crisi che ha prodotto un documento di indicazioni regionali per il contrasto alla diffusione di batteri NDM.

“Tali interventi – si legge in una nota – sono volti a controllare la diffusione del fenomeno ad altre aree della Regione. Di particolare importanza per le politiche di prevenzione e controllo delle infezioni è la sorveglianza attiva delle colonizzazioni nei pazienti ammessi negli ospedali. La ricerca attiva dei batteri NDM riguarda i pazienti ricoverati in reparti specifici (terapie intensive e sub-intensive, oncologia, oncoematologia, trapianti, cardiochirurgia, malattie infettive, area medica, riabilitazione) oppure pazienti che presentino caratteristiche di rischio, ricoverati in altri reparti. Questo monitoraggio, fino al 31 agosto ha portato a identificare 708 ricoverati portatori del ceppo batterico: su questi ricoverati sono state applicate misure igieniche di contenimento”.