Microplastiche, l’Oms: se ne sa troppo poco, urgente studiarne l’impatto sulla salute

Anche per l’Oms non è più tempo di distrazioni sulle microplastiche: l’Organizzazione mondiale della sanità ha infatti lanciato un appello dichiarando che c’è “urgente bisogno di sapere di più sul loro impatto sulla salute”. L’allarme è contenuto nel rapporto “Microplastics in Drinking Water”, in cui l’organizzazione chiede un’ulteriore valutazione della presenza di queste sostanze nelle acque che beviamo e delle loro conseguenze sul nostro organismo. Come riporta l’Ansa, lo studio dell’Oms parla dei potenziali pericoli associati alle microplastiche presenti nell’acqua potabile: di tipo fisico (collegato al loro accumulo) e chimico (collegato alla loro tossicità), “ma vi è anche la possibilità che possano essere veicolo per l’ingestione di microbi patogeni”. Dall’esame della letteratura scientifica disponibile, sono stati identificati solo nove studi che hanno misurato le microplastiche nell’acqua potabile e, nei singoli campioni, sono stati riportate da 0 a 10.000 particelle/L.

Dati troppo limitati

Maria Neira, direttore del Dipartimento di sanità pubblica e ambiente presso l’Oms, dichiara: “In base alle informazioni limitate che abbiamo le microplastiche nell’acqua potabile non sembrano rappresentare un rischio per la salute ai livelli attuali. Ma abbiamo urgentemente bisogno di saperne di più”. I dati oggi disponibili, secondo il rapporto, sono infatti “estremamente limitati”, “con pochi studi completamente affidabili”, spesso realizzati utilizzando “metodi e strumenti diversi per campionare e analizzare particelle di plastica”. Gli esperti dell’Oms chiedono di sviluppare “metodi standard per misurare la presenza e per studiarne le fonti, così come per valutarne le conseguenze sull’organismo. Nel settembre 2018, il Salvagente ha pubblicato un test che ha dimostrato come la microplastica sia largamente presente nei soft drink più diffusi.

Una questione di assorbimento e inquinamento

Si ritiene che le microplastiche superiori a 150 micrometri vengano espulse dall’organismo con la digestione e “che anche l’assorbimento di particelle più piccole sia limitato”. Tuttavia, riporta sempre l’Ansa, “l’assorbimento di nanoparticelle, può essere più elevato”, perché attraverso il sistema linfatico e il sangue possono raggiungere organi, come fegato e reni. I sistemi di trattamento delle acque reflue e potabili sono efficaci anche nella rimozione del 90% delle microplastiche ma una parte significativa della popolazione mondiale “attualmente non ne beneficia”. L’Oms conclude dicendo che bisogna al più presto “fermare l’aumento dell’inquinamento da plastica in tutto il mondo”, diminuendone l’uso e migliorandone il riciclo.