Vitelli rinchiusi in box singoli fino a 8 settimane di vita privati della loro socialità così come normalmente farebbero in natura, senza potersi né muovere, né giocare. Sono le ultime immagini diffuse dalla videoinvestigazione di Ciwf effettuata in 5 allevamenti polacchi. Immagini che, purtroppo, rivelano ciò che altre investigazioni, condotte da diverse associazioni in altri paesi europei, hanno già ampiamente descritto e che forniscono una realtà completamente diversa da quella descritta dalla campagna ‘vivailvitello’, lanciata in Italia da un’associazione di produttori di carne e finanziata con i fondi europei. (continua dopo il video)
I vitelli, separati subito dopo la nascita dalle madri, sono rinchiusi in box singoli fino a 8 settimane di vita. Questo perché, se le condizioni di allevamento non sono ottimali e, ad esempio, la ventilazione è scarsa, l’allevamento in gruppo dei vitelli potrebbe portare a un più alto rischio di sviluppare problemi respiratori e diarrea. Rinchiusi in questi box singoli, però, non possono vivere la loro socialità così come normalmente farebbero in natura, non possono muoversi e neanche giocare.
“Si tratta di condizioni di gravissima privazione per questi animali”, spiegano Animal Equality, CIWF, ENPA, LAV, Lega Nazionale Difesa del Cane, Legambiente, LUMEN e Tarranuova. “Inoltre, questo sistema potrebbe facilmente essere superato: fornendo adeguate condizioni, come un’ottima ventilazione e un’appropriata lettiera, i vitelli possono crescere in gruppo fin dalla nascita. Per questo chiediamo ai cittadini italiani che non l’hanno ancora fatto di firmare l’Iniziativa europea contro le gabbie, per mettere fine anche a questo sistema di allevamento, crudele e non necessario”.
L’investigazione, condotta in Polonia, ha rivelato che alcuni vitelli erano anche disidratati, malnutriti, tenuti nella neve senza la possibilità di scaldarsi l’un l’altro. In alcuni casi i box singoli non consentivano neanche il contatto visivo fra gli animali, o i vitelli erano tenuti in box singoli anche dopo le 8 settimane, violando così la norma europea.
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