I cambiamenti climatici (siccità e sbalzi termici in primis) e l’uso di pesticidi nelle aree limitrofe agli alveari incidono negativamente sulla produzione nazionale di miele. Le varietà più colpite sono quelle di acacia e di agrumi. A decretarlo l’ultimo rapporto Ismea sul Settore apistico: “Nel 2019, la perdita produttiva stimata di miele di acacia e di agrumi è di oltre 10 mila tonnellate, pari a oltre il 40% della produzione media annua attesa in condizioni normali”.
Da un punto di vista economico, spiega in una nota l’Osservatorio nazionale miele, “è stato stimato l’importo del danno per il mancato reddito relativo alla mancata produzione di miele di acacia, in 55 milioni di euro, e di miele di agrumi in 18 milioni di euro. A tale danno stimato va aggiunto l’onere aggiuntivo per il ricorso degli apicoltori alla nutrizione artificiale delle api per evitare la morte delle famiglie per fame”.
Per quanto riguarda le cause si legge ancora nel rapporto: “Se il 2018 sembra dunque essere stata un’annata estremamente negativa per il Sud, peggiore anche degli scorsi anni, per il Centro e per il Nord si è caratterizzata come discreta sebbene con forti disomogeneità territoriali. Oltre agli effetti dei repentini mutamenti meteorologici, le numerose segnalazioni di spopolamenti e cali produttivi dovuti all’uso di pesticidi confermano quanto la convivenza dell’apicoltura con i sistemi agricoli intensivi sia una delle principali criticità del settore”.
L’Italia è il quarto paese produttore dell’Unione europea per numero di alveari (1,4 milioni), dopo Spagna (2,9 milioni di alveari), Romania e Polonia (rispettivamente 1,8 e 1,6 milioni di alveari). A livello geografico la produzione è diffusa in tutte le regioni del paese. La regione più produttiva è il Piemonte, con oltre 5 mila tonnellate stimate nel 2018, seguita da Toscana con oltre 3 mila tonnellate e da Emilia-Romagna con oltre 2 mila tonnellate.
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