Le aspettavano in molti con ansia e in queste ore sono arrivate. Le motivazioni della Cassazione sul caso Cannabis light, quelle che hanno portato molti a sospendere la vendita nei negozi italiani, invece di fare chiarezza sembrano creare ancora più confusione. “Ad una prima lettura delle motivazioni della sentenza della Cassazione sulla cannabis light emerge chiaramente e si sottolinea il vuoto legislativo di cui soffre il comparto e il contrasto normativo dal punto di vista costituzionale sul tema; di fatto si può dedurre un richiamo delle Sezioni Unite al legislatore ad intervenire; dal punto di vista procedurale, invece, le motivazioni creano solo più confusione”. Questa l’opinione di Giacomo Bulleri, avvocato di EasyJoint, l’azienda leader nel campo della cannabis light, da sempre portatrice di una battaglia politica e civile tesa a sgombrare il campo da luoghi comuni errati sulla canapa industriale e per un rilancio del mercato ad essa legato.
Vero è che già al primo punto delle motivazioni delle Sezioni Unite si legge di “evidenti carenze legislative” e più volte viene ribadito il richiamo alla legge, quando, al punto 3, si pone la necessità di coordinare le disposizioni della legge 242 con il Testo unico in materia di sostanze stupefacenti; si parla di “nodi interpretativi” e si conclude che “resta ovviamente salva la possibilità per il legislatore di intervenire nuovamente sulla materia – nell’esercizio della propria discrezionalità e compiendo mirate scelte valoriali di politica legislativa – così da delineare una diversa regolamentazione del settore che involge la commercializzazione dei derivati della cannabis sativa L, nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali”.
“È sempre più chiaro che la gestione del comparto della canapa industriale non può essere affidata all’ambito penale, come abbiamo sempre ribadito…”, aggiunge Bulleri, convinto del fatto che – in qualche modo – le motivazioni creino ulteriore confusione: “Accadrà che ogni tribunale agirà individualmente affrontando i diversi casi che verranno di volta in volta sottoposti, perché la sentenza non chiarisce assolutamente quali siano i parametri a cui fare riferimento per stabilire quella che i giudici hanno chiamato “efficacia drogante”: non si menzionano i limiti individuati da decenni dalla tossicologia forense e neanche i parametri posti da altra ricerche scientifiche. E, inoltre, si fa di tutta un’erba un fascio facendo riferimento al testo unico sugli stupefacenti nella considerazione che la cannabis sia unica e senza tenere conto che la stessa Comunità europea ne distingue diverse varietà”. Purtroppo, per Bulleri, “le Sezioni unite non hanno colto l’essenza della canapa industriale incorrendo in una confusione terminologica..”.
Insomma, la prima sensazione, a poche ora dalla lettura delle motivazioni, è che si debba proseguire, commentare dettagliatamente e in modo tecnico le riflessioni apportate, spingere ancora perché la politica finalmente intervenga ed evidenziare – come le stesse Sezioni Unite fanno – che il contrasto costituzionale esiste: “È lì che andremo a finire, alla Corte costituzionale”, ragiona Bulleri.