Food&Drink Europe, l’associazione di categoria dell’industria alimentare e delle bevande, chiede che la prossima Commissione fermi la “proliferazione di schemi di etichettatura nazionale” dall’indicazione a semaforo a quella sulla provenienza delle materie prime. Sono alcune delle proposte che Big Food rivolge alla vigilia del rinnovo delle istituzioni comunitarie (il 26 maggio) e contenute in un rapporto (interattivo) presentato dall’organizzazione, una sorta di road map per la prossima legislatura Ue (2019-2024).
“Regole valevoli per tutti”
La richiesta di maggiore armonizzazione è sicuramente uno degli aspetti cruciali, specialmente nel settore alimentare, e sopratutto in quello delle regole dell’etichettatura. Sull’indicazione di origine molti paesi sfruttando la possibilità prevista dal Regolamento 1169/11 hanno emanato decreti nazionali per indicare su particolari categorie alimentari (l’Italia lo ha fatto con pasta, riso, latte e latticini, derivati del pomodoro) l’origine della materia prima sui prodotti confezionati destinati al mercato interno.
Le norme europee? Rischio di fare passi indietro
Nell’aprile 2020 invece entrerà in vigore la nuova etichettatura di origine comunitaria che però non si applicherà sempre (come avviene ad esempio oggi su ogni pacco di pasta) ma solo quando la provenienza può trarre in inganno il consumatore. Cosa prevederà la normativa di derivazione comunitaria? Il regolamento esecutivo (che richiama l’attuazione dell’articolo 26 del Regolamento 1169/2011) prevede che i produttori saranno obbligati a fornire in etichetta le informazioni sull’origine, solo quando il luogo di provenienza dell’alimento è indicato – o anche semplicemente evocato – in etichetta e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario. Ad esempio: se un pacco di pasta lavorata in Italia riporta il tricolore dovrà indicare se l’origine del grano è estera, se cioè “l’ingrediente prevalente” proviene da altro paese. Così come un salume dovrà specificare l’origine della carne suina proviene dalla Germania o dalla Polonia e sulla confezione si fa riferimento con “segni, simboli” all’italianità del prodotto. Di sicuro un passo indietro per le normative italiane appena approvate su pasta, riso, latte (come prodotto e come ingrediente) e prodotti del pomodoro: oggi ad esempio su una confezione di spaghetti è sempre obbligatorio inserire l’indicazione della provenienza del grano, a prescindere se sul campo visuale principale dell’etichetta venga o meno indicato o evocato un paese.
Insomma rispetto ai “decreti Origine” italiani il rischio di “sottrarre” informazioni ai consumatori resta alto.