Se vogliono sopravvivere alla concorrenza spietata dell’on line, i negozi fisici hanno due sole opzioni. O tifare per chi vuole mettere – in maniera spudoratamente anacronistica – dei paletti all’attività dell’e-commerce, come le “chiusure” domenicali, oppure adeguarsi e impegnarsi nella conoscenza dei clienti come già da anni fanno i negozi sul web. È quello che stanno facendo i grandi magazzini come Zara che sta provando a cambiare i propri negozi. Da un lato cerca di renderli più “appetibili” per i consumatori e dall’altro più simili all’esperienza di acquisto tramite device e app.
I negozi segreti di Zara
Di recente, il colosso dell’abbigliamento low cost ha aperto le porte dei suoi “negozi segreti” in Spagna a un gruppo di giornalisti: un vero e proprio laboratorio dove l’azienda di Amancio Ortega studia i comportamenti dei clienti e li ripropone nello stesso modo nei suoi negozi sparsi per il mondo. Il team di architetti e di esperti di visual merchandising riceve nuovi articoli due volte a settimana e poi decide esattamente come devono essere messi in esposizione pantaloni, vestiti e blazer: usa i manichini per mostrare quale abbigliamento funziona bene, per ispirare i clienti e, si spera, per incoraggiarli a comprare gli outfit (ossia i capi e gli accessori completi).
Dalla Spagna a Milano dove, sempre Zara ha aperto un nuovo negozio in centro unico al mondo per l’integrazione di negozio e on line e la tecnologia all’avanguardia.
In particolare, lo store presenta la quarta sezione, un’idea completamente nuova, disponibile solo in questo negozio a Milano e a Stratford, Londra. Il suo obiettivo è offrire un’esperienza integrata e più confortevole per il cliente. È uno spazio delimitato che si trova al secondo piano del negozio, insieme alla sezione Trf (la linea giovane del marchio spagnolo). In questa quarta sezione i clienti possono vedere esposta una selezione delle ultime proposte di Zara, abiti e accessori. In questo modo, possono scegliere di visitare il negozio in modo tradizionale, consultando tutte le collezioni, o andare alla quarta sezione e verificare le ultime proposte del marchio che non sono ancora disponibili in negozio.
Hanno quindi la possibilità di acquistare i prodotti direttamente sul portale, con l’aiuto del personale del negozio dotato di iPad, che supporta i clienti nell’effettuare ordini dal negozio. Non solo. In questa sezione, è stato inserito anche un punto automatico per il ritiro degli ordini di Zara.com. È il terzo che il brand installa in tutto il mondo e consente di ritirare i propri acquisti on line in pochi secondi. Per fare questo, basta inserire il codice Pin o scansionare il codice QR che si ricevono nella mail di conferma e questo strumento localizzerà automaticamente l’acquisto e lo consegnerà in pochi secondi.
Internet delle cose
Insomma l’internet delle cose avanza anche tra le mura dei negozi. Il rischio non è solo quello di spendere di più, anzi questo è il timore più banale. Il pericolo che in molti ventilano è perdere autonomia negli acquisti, sempre più pilotati e non solo nella direzione che vuole la moda, il trend del momento ma anche in quella che detta chi gestisce le informazioni “raccolte” in negozio.
Il meccanismo vorrebbe replicare quello che negli acquisti on line è rappresentato dai cookies. In quel caso file di piccole dimensioni memorizzano alcune informazioni sulla navigazione degli utenti che permettono di identificare il dispositivo ogni volta che accede al sito.
Nei negozi fisici queste informazioni in parte già vengono ricavate attraverso sensori che possono suggerire ai gestori su quali capi i clienti si soffermano di più, quali sono i percorsi più battuti all’interno del negozio, in modo tale da organizzare meglio l’esposizione. Ma il salto è nell’aria: i sensori potranno anche connettersi ai nostri smartphone e quindi condividere altre informazioni utili a chi pianifica le vendite. Insomma una tecnologia che ci spia, che controlla i nostri movimenti all’interno delle corsie dei negozi e sa dirci se apprezziamo di più o di meno la giacca bianca o il pantalone nero.
All’estero già accade, da noi chi ci ha provato ha rinunciato al progetto. Almeno per ora.