Quanto dura davvero l’insalata tagliata in busta?

C’è da fidarsi delle insalate prelavate e tagliate in busta? Alla annosa domanda da anni tentano di rispondere molti lavori indipendenti, fatti da giornali di testing. Anche il Salvagente nel giugno 2015 aveva portato in laboratorio una selezione del mercato italiano di quella che i tecnici definiscono IV gamma, per trovare che con i trattamenti attuali è davvero difficile incontrare batteri pericolosi come salmonelle, listerie e simili.

Identica rassicurazione arriva da un lavoro di laboratorio condotto per conto del periodico dei consumatori svizzeri KTipp. Coop (quella svizzera), Migros, Spar, Lidl e Aldi le principali marche dei distributori messi sotto analisi. E in tutti i casi non sono stati trovati microrganismi pericolosi per i consumatori. Ma…

E sì, perché un ma c’è ed è da ricercare nella quantità di batteri che si sviluppano nelle buste mano a mano che ci si avvicina alla scadenza. Ricordando che ai consumatori, in etichetta viene offerta solo questa indicazione, dato che non è impressa la dsata di raccolta o imbustamento.

I prodotti in cui KTipp ha trovato lieviti o conte batteriche totali al di sopra delle linee guida sono circa metà del totale testato: 10 su 20. Gli svizzeri hanno preso a riferimento le indicazioni della Società tedesca per l’igiene e la microbiologia, che stima accettabili un totale di 50 milioni di germi per grammo di insalata e 100.000 germi per grammo.

Nelle analisi degli svizzeri, l’insalata “Rustico” di Denner e la “Hello Family” di Coop Qualité & Prix hanno superato i 110 milioni di unità formanti colonie e ben oltre 100.000 lieviti. Non un risultato che può comportare un problema per la salute dei consumatori (anche se per KTip sarebbe da guardare con sospetto dai bambini e donne incinta) ma di certo un simbolo di decadimento di un prodotto, ancora non scaduto, che chi si reca allo scaffale non ha alcun modo di valutare.

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