Il vicino ha affittato a uno studio medico: cosa può fare il condominio?

Caro Salvagente, un condomino, che aveva chiesto e ottenuto il cambio di categoria catastale dell’alloggio, da abitazione a studio e ufficio, l’ha affittato a uno studio medico. A me sembra irregolare. Possiamo deliverare in condominio per vietarlo?
Lauro Molli, Bologna

Per introdurre limitazioni al diritto assoluto che caratterizza la proprietà privata condominiale occorre l’intervento di norme regolamentari, con disposizioni che vietano di destinare i locali di proprietà esclusiva a determinati usi, ritenuti incompatibili con l’interesse comune.
La sentenza 27 giugno 1985, n. 3848 della Cassazione ha però stabilito: “Il divieto, a carico del condomino di edificio, di dare una determinata destinazione alla porzione di sua proprietà esclusiva, traducendosi in una limitazione delle facoltà inerenti al diritto dominicale, non può derivare da una deliberazione assembleare, adottata con le maggioranze previste per la regolamentazione dell’uso e del godimento dei beni comuni (art. 1138, 3° comma c. c.), ma presuppone un titolo convenzionale, con l’accettazione del vincolo da parte del condomino stesso (in sede di acquisto della proprietà esclusiva, ove si tratti di vincolo predisposto dal costruttore o originario unico proprietario dell’edificio, o con separato atto successivo, ovvero anche con adesione alla decisione assembleare che introduce il vincolo). In difetto di tale accettazione deve escludersi che una certa utilizzazione dell’alloggio di proprietà esclusiva possa di per sé costituire fatto illecito, avverso il quale sia dato al condominio o agli altri condomini facoltà di insorgere, salva restando la tutela di questi per gli eventuali pregiudizi che possano derivare dal concreto svolgimento delle attività inerenti a detta destinazione e delle relative modalità (per esempio, in caso di immissioni eccedenti la normale tollerabilità, ex art. 844 c. c.)”.
La Corte, quindi, con questa e altre decisioni (30 luglio 1990, n. 7654; 18 agosto 1986, n. 5065, per citare) ha statuito che i limiti di destinazione delle cose di proprietà individuale assumono carattere convenzionale. Per essere valide, tali norme devono essere accettate dai condomini nei contratti di acquisto o con atti separati, se predisposte dall’originario unico proprietario dell’edificio. Se deliberate dall’assemblea, devono essere disciplinate in forma chiara e univoca, approvate e accettate, pena la nullità, da tutti i condomini con consenso scritto e, se incidono solo su alcune unità immobiliari, dai rispettivi titolari.