Negozi chiusi la domenica e nei festivi: questa la proposta di legge del governo di cui si sta discutendo in questi giorni che di fatto prevede un dietrofront rispetto alle liberalizzazioni introdotte dal governo Monti nel 2011.
I consumatori? Apprezzano
I sindacati hanno già fatto sapere di gradire il provvedimento. Così come i consumatori, almeno quelli che hanno partecipato al sondaggio che il Salvagente ha lanciato on line. Sulla piattaforma i nostri lettori si sono detti in maggioranza (68% dei votanti) a favore di uno stop alla liberalizzazione selvaggia.
Tuttavia, ad insorgere, questa volta, non sono solo gli esercenti, ma il mondo dell’e-commerce che sarebbe letteralmente “travolto” da questa proposta.
E chi ferma Alibaba?
Non usa mezzi termini Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il consorzio del commercio elettronico italiano, che certifica la qualità delle piattaforme on-line svolgendo un fondamentale ruolo di garanzia, e che si occupa, insieme al politecnico di Milano, dell’osservatorio sul commercio elettronico : “Impensabile una legge simile – attacca Liscia – Il mercato dell’e-commerce è mondiale e non è localizzato come se fosse una rete di negozi: impensabile bloccare i processi di un singolo paese quando intanto Alibaba o AlixEspress vanno avanti; in questo modo si crea un’asimmetria competitiva in un contesto in cui, peraltro, l’Italia detiene il 4% del mercato e-commerce europeo contro il 70% di Inghilterra, Francia e Germania”. Quello che, di fatto, comporterebbe la legge, se diventasse tale, sarebbe il blocco degli ordini nel fine settimana: in concreto un ordine ricevuto da un’azienda il venerdì sera potrebbe essere processato solo il lunedì successivo, con il risultato evidente, per Liscia, che l’utente decida di dirigersi verso un soggetto estero per acquistare lo stesso prodotto.
Aiutare il negozio sotto casa
Portato in aula dal sottosegretario allo Sviluppo economico pentastellato Davide Crippa, il testo riprende una proposta di Michele Dall’Orco: per ciò che riguarda i negozi tradizionali prevede l’apertura per ogni Comune di non più del 25% di esercizi per ciascun settore. Il coinvolgimento nella proposta di legge delle aziende di e-commerce avrebbe l’obiettivo di incentivare le persone ad acquistare nel negozio sotto casa piuttosto che cercare il prodotto on line. “Assurdo”, per Liscia, perché “bloccare il commercio on line non significa aiutare quei soggetti che devono semmai essere affiancati nel ripensare il loro modo di lavorare e rapportarsi con i clienti”. Il vincolo del blocco il week-end di fatto fermerebbe il mondo del commercio elettronico italiano; un provvedimento assurdo per Liscia a maggior ragione se “si considera che l’e-commerce cresce del 15%, a dispetto di ciò che accade in altri settori”.
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“I consumatori acquisteranno altrove”
Tra l’altro, la proposta, se diventasse legge, metterebbe in difficoltà anche tutti quei soggetti di piccole o medie dimensioni che hanno deciso di lanciarsi nel commercio elettronico: ”Abbiamo letto bene la proposta di aprile tornata in auge questi giorni e vogliamo credere che non si vada avanti – riferisce Andrea Spedale di Aicel (Associazione italiana commercio elettronico); ci siamo già messi in contatto anche la nostra associazione partner a Bruxelles per illustrare la situazione, che risulta ancor più insensata se si pensa che proprio negli ultimi mesi l’Europa ha abolito il geoblocking, rendendo possibile di fatto acquistare nei siti stranieri della stesso marchio”.
Infatti, fino a qualche tempo fa, se un utente italiano voleva acquistare un prodotto in un sito di e-commerce di un altro paese, al momento dell’acquisto veniva reindirizzato nel sito italiano, dove non era detto che questo prodotto fosse disponibile. Oggi, invece, si può comprare dove si vuole. “E ancora una volta l’Italia risulterebbe isolata e in grave svantaggio”, rincara Liscia. Questo, poi, accade in un contesto in cui la Ue sta discutendo del “digital single market, ovvero di un mercato digitale europeo unico in cui vengano abolite le barriere normative dei 28 paesi.
Ben vengano, dunque, incentivi e tutele ai lavoratori, ma senza che questo comporti contestualmente il blocco delle attività di chi nel digitale sta investendo, è l’opinione di chi opera nell’e-commerce. Che di certo ha intenzione di far sentire la propria voce: “Il 16 luglio saremo all’Agenzia delle entrate, come Netcomm, per discutere del ticketing (la biglietteria elettronica) e sarà già quella un’occasione per intavolare immediatamente anche il tema della proposta di legge, perché tutto si tiene insieme; se rallentiamo questo mercato, rallentiamo anche gli incassi fiscali”.
Anche Conad chiede un passo indietro
Dal canto loro, anche gli esercenti tradizionali, insorgono e già sembra scatenarsi la battaglia tra chi è on line e chi ancora al dettaglio. “Fare un passo indietro rispetto a quanto già stabilito dalle norme in vigore, proprio in un momento in cui la distribuzione organizzata subisce la concorrenza sleale dell’e-commerce, significherebbe mettere a rischio migliaia di posti di lavoro e privare i cittadini di un servizio prezioso”, fa sapere in una nota Ancd/Conad mentre invita il governo a riflettere su questo tema, ascoltando tutti i soggetti coinvolti.