Mobile. Mobile qual piuma al vento, mobilissima è la telefonia per l’appunto mobile e, c’è da giurarci, anche quella per la quasi obsoleta fissa. Sul fronte delle tariffe senza meno. Concluso l’elegante valzer dei 28 giorni (intrapreso, forse, per un tribale omaggio ai cicli della luna), riportati ope legis (o ope garante, se si vuole) a 30, la fervida fantasia delle compagnie telefoniche è alla caccia di nuovi sistemi per incrementare le non proprio esigue entrate. Andiamo sul concreto. Con l’esposizione di un caso personale. Il mio.
Ho un contratto con Vodafone per la formula “800 più 800” a 12 euro e 99 centesimi (queste multinazionali hanno una passione smodata per i centesimi!). Vuol dire che nell’arco di un mese, poi di 28 giorni, poi di nuovo di un mese, posso concedermi 800 telefonate sul suolo nazionale e 800 sms. Uno sproposito. Se in un mese raggiungo le duecento telefonate è un avvenimento. E per gli sms, non credo di aver mai superato i cento. Dunque, la compagnia è in netto, nettissimo attivo, ma su questo non ho alcunché da obiettare: sapevo qual è il mio volume medio di traffico telefonico quando scelsi questa formula. Tacerò del fatto che allora, diversi anni fa, la tariffa era di molto inferiore, con la clausola, dio solo sa dove finita, “per sempre”.
2 maggio: pago il rinnovo ma il telefono è muto
Bene. Succede che il 2 maggio scadano i 30 giorni riportati in auge dal garante e, di conseguenza, il sottoscritto debba versare i 12 euro e gli agognatissimi 99 centesimi. Controllo il credito su Myvodafone: 13,20: ok, li prelevano da lì e io sto in regola. Sarà. Ma dal 4 maggio ogni mio tentativo di telefonare o mandare sms va in tilt. E, ogni volta, compare istantaneamente uno sms della compagnia che mi avvisa che ho un credito insufficiente. Trasecolo. Non avevo la bellezza di 13 euro più concupitissimi 20 centesimi a mio favore? Non mi resta che chiedere spiegazioni.
Comincia il viaggio nelle latebre dei call center. Una fatica che, al confronto, quella di Teseo era una scampagnata. Di voce registrata in voce registrata, dopo attese venti volte superiori a quanto annunciato dal disco, arrivo finalmente in Romania (soltanto via telefonica, s’intende). Qui un addetto gentilissimo, Agamennone (breve nota: questi operatori sono sempre compitissimi; meriterebbero tutti un bel 10 se qualcuno, come informa il disco, veramente telefonasse per una valutazione), mi spiega: “Sì, lei ha ancora un credito di 21 centesimi (e poi c’è chi disprezza queste monetine!); è un errore del sistema: legge questa cifra e crede che lei sia in debito. Non si preoccupi, ci penso io. Chiuda e quando riapre potrà fare tutte le telefonate che vuole”.
Servono almeno 45 centesimi di credito residuo…
Mi adeguo. Ma faccio un buco nell’acqua. Solo valanghe di sms (come sono sollecite queste compagnie sotto lo sprone dei centesimi che potrebbero perdere!) che ribadiscono il concetto: “Il tuo credito, di 0,21 euro, non è sufficiente per chiamare”, con invito a ricaricare. Agamennone deve essersi sbagliato. Mi inoltro ancora una volta nel labirinto telefonico. Torno in Romania. Stavolta è Menelao a rispondere. Esamina il caso ed emette il responso: “È vero. Lei ha un credito di 0,21 euro. Ma, per effettuare le operazioni, deve comunque esserci un plafond di 0,45”. Poffarbacco, mai saputo. E come fare a ricaricare altri 0,24 euro: non c’è Pos che accetti una miseria simile. Menelao ha buon cuore: mi assicura che li verserà lui, così il sistema si metterà il cuore in pace.
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Siamo arrivati al 9 maggio. Grato a Menelao, mi accingo a telefonare. Vuum! Piu’ veloce della luce arriva l’sms: “Il tuo credito, di 0,45 euro, non è sufficiente”. Non ho il coraggio di riprendere la rotta verso la Romania o qualche altro paese dell’Est. Riprovo il giorno dopo: idem con patate. Paziento, non ho telefonate né sms urgenti da inviare. Nel frattempo, sempre via sms, ricevo una formale ramanzina: “Ti informiamo, ai sensi della delibera Agcom 252/16/CONS, che per conoscere il dettaglio della tua offerta puoi accedere all’area Fai da te del sito…”. Santi numi, vuoi vedere che sto violando qualche regola?
…ma il ritorno a 30 giorni mi costa 1,19 euro mensili
Il 14, comunque, ci riprovo. Non l’avessi mai fatto!!!! Una gragnuola di sms – addirittura undici! (per la cronaca: tutti conservati per documentazione) – mi sommerge con l’usuale litania: “Il tuo credito…”. Il cuore pulsante della multinazionale deve essere in fibrillazione, a rischio di infarto: che questo abbia intenzione di approfittarsene e sgraffignarci i nostri sudatissimi centesimi? Magicamente, il pomeriggio del 14 tutto riprende a filare per il verso giusto. Padrone di fare tutte le telefonate e gli sms che voglio (nell’ambito dell’800/800). Ma le compagnie, intanto, si sono fatte quattro conti.
Con quella storia dei 28 giorni riportati a 30 ci stanno rimettendo montagne di quei centesimi cui sono affezionatissimi. Provate a moltiplicare 99 centesimi, o anche 19, per svariati milioni di utenti. Rimediare è d’uopo. Puntuale un nuovo sms annuncia, sia pure sullo stramaledetto arco dei 30 giorni, un congruo aumento, in nome delle sacrosante modifiche unilaterali dell’accordo: 1 euro e… immaginate! 19 centesimi. In tutto, qualche decimale in più dell’8%. Così, a scanso di equivoci. E a salvaguardia di quei pochi spiccioli.