Il glifosato è pericoloso anche alle dosi consentite. Lo studio del Ramazzini

GLIFOSATO

Se a novembre si trattava di un richiamo e di un allerta inviati al ministro Maurizio Martina rispetto alla pericolosità del glifosato per l’essere umano, oggi si va oltre perché i dati ottenuti dagli scienziati dell’Istituto Ramazzini di Bologna sono pubblicati e chiari:  lo studio pilota condotto sui ratti esposti ad erbicidi composti di glifosato con quantità giornaliere considerate lecite dalla Environmental protectional agency (ovvero 1,75 mg per peso corporeo al giorno) mostra, infatti, che queste sostanze possono alterare importanti parametri biologici che riguardano lo sviluppo sessuale, la genotossicità e  il microbioma intestinale. E questo accade a maggior ragione nei soggetti neonati e/o adolescenti, in quella fascia di età che arriva fino ai 18 anni.

Non è solo in ballo, dunque, la cancerogenità del glifosato, su cui la scienza indipendente chiede a gran voce alla politica e alle istituzioni di collaborare in vista del 2022, termine entro il quale è stato prorogato l’utilizzo del glifosato, ma anche la sua pericolosità per altri parametri biologici.

Lo studio – Global glyphosate study – Preliminary results presentation – è stato presentato, oggi, mercoledì 16 maggio, al parlamento europeo a Bruxelles dall’europarlamentare indipendente del gruppo Greens/EFA, Marco Affronte, insieme al Co-presidente Philippe Lamberts e a Fiorella Belpoggi e Daniele Mandrioli, rispettivamente direttrice del dipartimento di ricerca e coordinatore dell’attività di ricerca del Centro di ricerca sul cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini.

“Abbiamo condotto una battaglia importante affinché si valutassero attentamente gli studi indipendenti piuttosto che quelli realizzati da centri legati alle industrie e oggi purtroppo in Italia non esiste un gruppo politico che tenga al centro queste tematiche – il commento di Affronte – ma sono orgoglioso di questa collaborazione con il Ramazzini, un centro italiano che oltre tutto opera nella stessa regione da cui io provengo”. Affronte aggiunge che la istituita “commissione sui pesticidi, non appena pubblicati i dati sulle riviste scientifiche (a fine maggio; oggi sono disponibili on line all’indirizzo https://glyphosatestudy.org/global-glyphosate-study-pilot-phase/, ndr) chiederà alla comunità europea che si faccia chiarezza anche sul ruolo della Monsanto perché i cittadini hanno il diritto di essere informati”. Un punto, questo, molto importante anche per Belpoggi, visto che il Ramazzini ha potuto condurre questo studio pilota grazie alle donazioni dei suoi soci  – trattandosi di una cooperativa – che insieme hanno portato a raccogliere una cifra pari a 300mila euro.

Belopoggi ricorda che quando tra il 2015 e il 2016 il Ramazzini fu chiamato a dire la propria opinione nell’ambito dell’acceso dibattito in corso sul glifosato – scatenato dal contrasto tra le posizioni di Efsa (Autorità per la sicurezza alimentare) e Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) – “noi dicemmo che era mancata la voce della scienza”, perché gli uni si erano basati su studi legati alle industrie e gli altri su ricerche indipendenti poco robuste. “Ma la scienza non deve basarsi su sospetti, perché la scienza può e deve stabilire verità scientifiche”.

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Quella certa, oggi, sebbene lo studio debba proseguire per verificare gli effetti degli erbicidi composti di glifosato sul lungo termine, è, appunto, che anche la dose giornaliera minima considerata consentita è pericolosa per la salute e lo sviluppo degli essere umani, proprio nella crescita, in quella fascia di età che arriva intorno ai 18 anni.

Per effettuare lo studio a lungo termine, il Ramazzini ha lanciato una campagna di crowfunding internazionale in collaborazione con altri partner con cui sta già collaborando come l’Università di Bologna, la George Washington University e la Ichan School of medicine e l’Istituto superiore della sanità.