L’esposizione al glifosato, l’erbicida più usato al mondo ritenuto probabile cancerogeno dalla Iarc, riduce la durata della gravidanza e quindi espone il feto a conseguenze indirette.
A questa conclusione è giunto lo studio congiunto delle Università dell’Indiana e della California che negli Stati Uniti ha coinvolto 71 donne in dolce attiva e, tramite l’esame delle urine, è stato riscontrato che nel 93% delle stesse aveva livelli rilevabili di glifosato nelle urine e che questo ha influito negativamente nella gestazione. Shahid Parvez, principale ricercatore dello studio e professore assistente nel dipartimento di Scienze della salute e dell’ambiente dell’Indiana University, ha dichiarato: “Ci sono sempre più prove del fatto che anche una leggera riduzione della durata della gravidanza può portare a conseguenze negative per il resto della vita”.
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La fonte? Non l’acqua ma i cibi Ogm e caffé
“Una cosa che non possiamo negare – ha proseguito il ricercatore- è che l’esposizione al glifosato nelle donne incinte è reale. La buona notizia è che la fornitura pubblica di acqua potabile potrebbe non essere la fonte principale dell’esposizione al glifosato, come si credeva in precedenza. Nessuno dei campioni di acqua potabile testati mostrava residui di glifosato. È probabile che venga eliminato nel processo di trattamento delle acque. La cattiva notizia è che si sospetta che il consumo alimentare di prodotti geneticamente modificati e di bevande contenenti caffeina possa essere la fonte principale dell’assunzione di glifosato”.