Le microplastiche inquinano anche gli oceani e rappresentano un rischio per i grandi predatori come balene, squali e altre specie marine. Questi animali si nutrono ingerendo e filtrando enormi quantitativi d’acqua finendo per fare scorpacciate di microplastiche, con conseguenze negative in termini di salute. La ricerca che apre nuovi scenari sulla pericolosità delle microplastiche è stata pubblicata sulla rivista “Trends in Ecology and Evolution”. Si tratta di uno studio internazionale condotto da Marine Megafauna Foundation, fondazione per la salvaguardia degli oceani, Murdoch University (Australia) e Istituto di Biologia marina delle Hawaii, cui ha preso parte anche l’Università di Siena. Le microplastiche, piccole particelle di neanche 5 millimetri, sono contenute principalmente nei prodotti cosmetici.
Allarme mondiale
Spiega Maria Cristina Fossi, ricercatrice: “Grazie a questo studio portiamo all’attenzione internazionale il problema dell’impatto delle microplastiche sulla salute dei grandi animali marini, e lanciamo un allarme per un problema di portata mondiale. La plastica e microplastica nei mari e negli oceani costituisce un problema globale, che impatta tutta la catena alimentare. Studiando i grandi animali, che si nutrono di plancton o di prede, e che accumulano grandi quantità di inquinanti attraverso la loro alimentazione, possiamo valutare la portata del problema sulla fauna marina”.
170 particelle di plastica al giorno
La ricerca ha analizzato il mare di Cortez, nella bassa California, un tratto di oceano popolato da molti grandi animali marini, e ha calcolato una presenza di 0,7 frammenti di plastica per metro cubo. Dunque uno squalo balena, in quell’ambiente che pensiamo quasi incontaminato, ingerisce circa 170 particelle di plastica al giorno. Secondo i ricercatori, infatti, specie come le balene, gli squali elefante e le razze, che si nutrono di plancton attraverso il filtraggio dell’acqua marina, insieme a migliaia di metri cubi di acqua ingeriscono anche le microplastiche, per loro indigeribili. E questo – a detta degli studiosi – può arrivare a inibire la loro capacità di assorbire i nutrienti.