Vaschette per alimenti realizzate in materiale biodegradabile e compostabile, a partire dagli scarti caseari. È il progetto denominato Biocosì a cui sta lavorando Enea – l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – insieme alla start-up pugliese EggPlant.
Rifiuti che diventano risorse: un’operazione che nasce all’interno del progetto dedicato allo sviluppo di tecnologie e processi finalizzati alla produzione di imballaggi biodegradabili e compostabili, e che viene lanciato da Enea proprio oggi, nella giornata di prevenzione degli sprechi alimentari. Di fatto, le acque reflue provenienti dagli scarti caseari potranno non essere più solo un rifiuto da smaltire, ma al contrario contribuire alla realizzazione di imballaggi sostenibili da inserire nelle filiere produttive.
Sono almeno due gli aspetti innovativi che è importante sottolineare all’interno di questo progetto che dovrà essere svolto nell’arco di 18 mesi (estendibili a 24): da un lato il “processo di separazione a membrana sviluppato dall’Enea nel Centro ricerche di Brindisi per il frazionamento del siero di latte, che consente il recupero differenziato di tutte le componenti – quali sieroproteine/peptidi, lattosio e sali minerali – e anche quello di acqua ultrapura” – come fa sapere Enea –, dall’altro il lavoro della start-up EggPlant che trasforma questi rifiuti derivati dal lattosio in imballaggi, apportando un elemento di grande innovazione all’interno della filiera agro-alimentare, e riducendo di molto anche l’inquinamento prodotto dalla plastica nell’ambiente.
Non bisogna, infatti, dimenticare che, secondo studi realizzati da Enea stessa, l’83% dei rifiuti in plastica censiti nei mari italiani è costituito da packaging, per lo più di plastica usa e getta. Convertire i rifiuti in risorse non è, tra l’altro, solo un’operazione fondamentale per l’ambiente, ma interessante anche dal punto di vita economico, dato che smaltire scarti caseari permette di “tagliare di circa il 23% il costo unitario di produzione del biopolimero”, come fa sapere Valerio Miceli della Divisione biotecnologie e agroindustria dell’Enea.
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Questo progetto, infatti, è ispirato “ai principi dell’economia circolare con l’obiettivo ‘zero rifiuti a fine processo’”, aggiunge Miceli, e innesca un circolo virtuoso che parte dalle aree rurali arrivando a quelle urbane promuovendo il risparmio energetico, il riciclo e la produzione a basse emissioni di carbonio.
Utilizzare plastiche biodegradabili e compostabili può costituire, quindi, anche un elemento di competitività, in un momento storico in cui la domanda è in aumento. Ma le bioplastiche, a oggi, rappresentano ancora “circa l’1% delle plastiche prodotte ogni anno in Europa (circa 300 milioni di tonnellate)”. Tuttavia, Enea riferisce che, “secondo gli ultimi dati di mercato raccolti da European Bioplastics, associazione europea della filiera delle bioplastiche, la capacità di produzione mondiale delle bioplastiche è destinata a crescere di circa il 50% nel medio termine, passando da circa 4,2 milioni di tonnellate del 2016 a 6,1 milioni di tonnellate nel 2021”. Questi incrementi sarebbero importanti anche per l’industria italiana delle bioplastiche che nel 2015, secondo uno studio commissionato da Assobioplastiche a Plastic Consult, ha registrato un aumento del 25% dei manufatti prodotti e un fatturato di 475 milioni di euro (+10%).
Il progetto Biocosì è stato finanziato con 1,4 milioni di euro nell’ambito del bando della Regione Puglia Innonetwork. Partner anche l’Università di Bari e le aziende Csqa, RL Engineering, Caseificio colli pugliesi, Compost Natura e la Rete di Laboratori pubblici di Ricerca Microtronic, coordinata dall’Istituto di Fotonica e nanotecnologie del Cnr.