La svolta che ha portato al +25% della produzione nazionale sembra essere dovuta ai buoni risultati della lotta biologica al cinipide galligeno, il parassita che ha fatto strage di castagne: l’antagonista, il torymus sinensi lo ha praticamente sconfitto.
Ovviamente questi dati non scongiurano la possibilità di trovarsi nel piatto castagne di scarsa qualità, magari provenienti dall’estero.
E soprattutto marroni pagati a peso d’oro che si rivelano di qualità insoddisfacenti.
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Al contrario di quanto molti sono portati a pensare la differenza non sta solo nelle dimensioni. Anzi a volte ci sono castagne selvatiche più grandi dei marroni. La distinzione nasce, invece, dal fatto che si tratta di due varietà differenti, riconoscibili per la forma e il colore.
I marroni sono di un bruno chiaro con strisce più scure, hanno forma ovale allungata e la pellicola interna che entra poco o niente nelle pieghe del frutto e si separa facilmente, al contrario di quanto accade con la castagna. E ogni riccio racchiude uno o due frutti al massimo.
Per riconoscerle può essere sufficiente osservare le striature di colore scuro che corrispondono a rilievi della buccia avvertibili al tatto.
Hanno una polpa più fine delle castagne e una percentuale di zuccheri mediamente superiore del 15-20%. E proprio questa è una delle ragioni del loro gusto peculiare che ha spiccate caratteristiche di dolcezza, superiore a quella delle castagne.
Sarebbe davvero lungo elencare tutte le castagne e i marroni italiani riconosciuti Igp o Dop. Ci limitiamo alla prima (e unica nel panorama ortofrutticolo) Dop riconosciuta e poi diventata Igp: la castagna di Montella.
Coltivata nell’Appennino avellinese è rotonda, non molto grande e la polpa è bianca, croccante e di gradevole sapore dolce.