Niente limiti alla presenza di Pfas nelle acque. A dirlo è il Ministero della Salute, con una nota della Direzione generale della prevenzione sanitaria, che ha respinto la richiesta della Regione Veneto di estendere a tutto il territorio nazionale i limiti soglia per l’inquinamento da sostanze perfluoro alchiliche (Pfas). Proprio in Veneto, nei mesi scorsi, un inquinamento da Pfas, ha costretto la Regione a tenere sotto controllo 85mila cittadini, per monitorarne lo stato di salute, sopratutto in relazione alle modifiche del metabolismo glicidico e lipidico.
Veneto: “Ministero come Pilato”
Ma il ministero guidato da Beatrice Lorenzin ha risposto: “Non si ritiene condivisibile la proposta avanzata” anche in considerazione del fatto che l’Istituto superiore di sanità ha segnalato che le valutazioni preliminari sinora effettuate sul pericolo di contaminazione da Pfas, sia per le produzioni industriali che per potenziali contaminazioni civili e industriali “non hanno evidenziato significative criticità”. Gli assessori all’Ambiente e alla Sanità della Regione del Veneto, Giampaolo Bottacin e Luca Coletto, protestano con una nota stampa: “Prendiamo atto con sbigottimento che, secondo il Governo nazionale e i suoi organismi tecnici, questo problema in Italia non esiste. Secondo loro quindi, siccome quelle sostanze le usano solo qui, il Veneto si arrangi. Ponzio Pilato, al confronto, fu un dilettante”.
I dati del Cnr
Coletto e Bottacin continuano: “La Regione ha già speso molto, sia sul piano ambientale che su quello sanitario per garantire ai veneti la qualità di vita e di salute di cui hanno diritto, e continuerà a farlo. Ma non siamo più disposti a trovarci di fronte a lettere come quella in questione e a comunicazioni che evidenziano la Torre di Babele del dialogo tra Ministeri: mentre quello della Salute ci dice che il problema non esiste, quello dell’Ambiente, con una nota del maggio 2017, ha chiesto alle Regioni (le altre) di attivare Piani di Monitoraggio sui Pfas che, è bene darlo, furono rilevati anche in altre parti d’Italia già nel 2013”. La Regione Veneto fa anche notare come l’inquinamento da Pfas “è stato rilevato da tempo in più parti d’Italia come dimostrano le tabelle prodotte nella ricerca del Cnr, che evidenziò il problema”. Dallo studio Cnr, sostengono i due assessori, forme di inquinamento di questo tipo sono state rilevate in concentrazioni più alte nelle aree industriali del Bormida e nel Bacino del Lambro, oltre che in Veneto. “Se l’impianto fluorochimico Trissino è la maggior sorgente individuata – concludono Bottacin e Coletto – un’altra sorgente significativa è l’area della concia di Santa Croce sull’Arno. Interessata è anche praticamente l’intera asta del Po, con la sorgente più significativa nel sottobacino Adda-Serio e con carichi da Torino a Ferrara. Per quanto riguarda i Pfoa, Trissino è in buona compagnia con l’area degli impianti chimici piemontesi di Spinetta Marengo”.