Il governo ha dato il via libera definitivo al decreto che “riporta” lo stabilimento di produzione sull’etichetta alimentare. Un’informazione importante specie per la rintracciabilità in caso di richiamo dal mercato di un determinato prodotto, questa informazione era stata abolita nel dicembre 2014 con l’entrata in vigore del Regolamento Ue 1169/11 anche se diverse aziende, come ad esempio la Conad sui propri prodotti a marchio, avevano deciso volontariamente di continuare a indicare il sito produttivo.
Entro 180 giorni
Lo stabilimento di produzione attenzione non è la sede legale del produttore, indicazione quest’ultima ritenuta sufficiente dal Regolamento europeo. “È un impegno mantenuto nei confronti dei consumatori e delle moltissime aziende che hanno chiesto di ripristinare l’obbligo di indicare lo stabilimento”, ha dichairato soddisfatto il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina. L’obbligo è ripristinato per i prodotti “trasformati preimballati” destinati al mercato italiano.
Il decreto prevede un periodo transitorio di 180 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale, per lo smaltimento delle etichette già stampate, e fino a esaurimento dei prodotti etichettati prima dell’entrata in vigore del decreto ma già immessi in commercio.
Arrivano le multe ma sono basse
Lo stesso decreto introduce (dopo 3 anni) le sanzioni per chi “viola” gli obblighi informativi nei confronti del consumatori previsti proprio dal Regolamento 1169/11. La competenza è affidata al dipartimento Repressione e frodi del ministero delle Politiche agricole e
Tuttavia il “listino” delle sanzioni è davvero a portata di portafogli per le aziende alimentari truffaldine. Qualche esempio? Salvo che il fatto non costituisca reato più grave – ovvero ad esempio che l’errore nella denominazione di un alimento non sia la “spia” di una contraffazione in piena regola – chi inganna i consumatori nella denominazione di un alimento (ad esempio “Tortelli di zucca” e non indica la percentuale dell’ingrediente caratterizzante) rischia una sanzione da 500 a 16mila euro.
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Chi omette di “segnalare” gli ingredienti allergenici – un’assenza che può essere fatale per chi è intollerante a una certa materia prima – rischia dai 2 ai 16mila euro. Bazzecole per i floridi bilanci di molte aziende alimentari.
E chi non indica il Termine minimo di conservazione (Da consumare preferibilmente entro il…)? Va incontro a una multa tra 1 e 8mila euro. Più corpose le penalità pecuniarie per il venditore che mette in vendita un alimento dopo la scadenza: rischia di pagare fino a 40mila euro.