Aerei, i posti si restringono e Ryanair blocca gli schienali

TASSA SEDILE

Ce ne siamo accorti tutti, negli aerei si viaggia sempre più stretti, sempre più scomodi. E non è una nostra impressione, è una questione di centimetri. Quelli che le compagnie aeree stanno progressivamente togliendo tra un sedile e l’altro, per inserire più posti – quindi più passeggeri – e guadagnare di più. Anche a scapito della nostra sicurezza (le vie di fuga diventano quasi impraticabili), della nostra salute (stare con le gambe bloccate per ore non ci fa certo bene) e infine del nostro sistema nervoso, messo a dura prova dalla tensione che si crea quando il passeggero che occupa il posto davanti a noi abbassa lo schienale alla ricerca di un minimo di comfort, riducendo ancora di più però lo spazio vitale a chi sta dietro.

Ryanair, nel tentativo forse di risolvere il problema, è la prima compagnia aerea che ha bloccato sui suoi velivoli la possibilità di reclinare la poltrona. Una soluzione che di fatto ha solo aggiunto ulteriore esasperazione tra i viaggiatori.

La battaglia di Flyers Right contro le compagnie aeree

La situazione sta dunque diventando davvero insostenibile, ma finalmente qualcuno si è mosso, almeno negli Usa: il Flyers Rights, un’associazione della Florida che si batte per i diritti dei viaggiatori, ha stimato che la larghezza media dei sedili era di 47 centimetri 10 anni fa e si è ora ridotta a 43, mentre la distanza tra uno schienale e l’altro ha toccato il record minimo con i 71 centimetri della compagnia low cost Spirit Airlines.

Ciò è stato possibile perché finora le regole sulle distanze dei sedili sono state prese dalla Federal Aviation Administration solo tenendo conto del comfort dei passeggeri (che evidentemente – seppur ridotto – è ancora garantito per la Faa). L’Associazione americana, invece, vuole che le regole siano riviste sulla base dei criteri della sicurezza e della salute di chi viaggia in aereo, per le quali quindi una riduzione così significativa degli spazi non è accettabile. E il primo “ok” è stato ricevuto da una corte d’appello che ha dato ragione all’associazione. Ora si spera che la Faa riveda la sua posizione, seguita anche dalle analoghe autorità oltre i confini americani. Per restituire dignità a chi utilizza l’aereo per lavoro, svago o necessità e vorrebbe non essere trattato come mera “merce” da trasportare da un luogo a un altro.

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