Sul glifosato non aspettiamo un’altra “Primavera silenziosa”

“Ancora una volta il principio di precauzione sembra la vittima sacrificale di interessi ben più remunerativi”

“Stiamo sottoponendo intere popolazioni all’esposizione di sostanze chimiche che sono state dichiarate estremamente velenose e in molti casi con effetti cumulativi. Queste esposizioni cominciano alla nascita, se non addirittura prima, e – a meno che le cose non cambino – continuerà per tutta la vita delle persone”.
Era il 1962 e Rachel Carson pubblicava Primavera silenziosa, un libro-denuncia sui pericoli del Ddt (e dei pesticidi in generale). Il titolo e l’idea di scrivere quello che rapidamente è diventato il manifesto di una visione dell’insostenibilità dei nostri atti ancora lontana dall’essere corretta, spiegava l’autrice, era nato dall’innaturale silenzio primaverile delle campagne statunitensi, svuotate da uccelli e insetti a causa dei fitofarmaci.

STESSE “TATTICHE” DA MEZZO SECOLO

Purtroppo, esattamente come 53 anni fa, chi oggi chiede cautela, mostra ricerche che sollevano dubbi, invoca precauzione, viene tacciato di terrorismo, “smentito” con studi sponsorizzati (senza neppure far troppi sforzi per nasconderlo) o semplicemente ignorato.
In oltre mezzo secolo a sostenere che sia oramai urgente un cambiamento di rotta al nostro modo di trattare la terra (quella con la T maiuscola e quella con la minuscola, intesa come suolo) si sono aggiunti in molti. Oggi non è più solo l’assenza di suoni nelle nostre campagne a sollevare dubbi sull’abuso di pesticidi.
Le analisi che il Salvagente presenta nel giornale in edicola vanno ad aggiungersi a tante altre prove. Le abbiamo realizzate su 14 donne incinte che vivono a Roma e si sono offerte per consentirci di cercare nelle loro urine le tracce di glifosato. Molecole che puntualmente abbiamo trovato in tutti i casi.

BENALTRISMO INTERESSATO

Non c’è da meravigliarsi, spiega Patrizia Gentilini, oncologa esperta, nell’intervista che ci ha concesso e che pubblichiamo integralmente nel mensile il Salvagente. È naturale che quando si cerca l’erbicida più usato nella storia umana lo si rintracci ovunque. Ciò non significa, aggiunge, che non ci sia da preoccuparsi.
A beneficio dei tanti benaltristi che saranno pronti a spiegarci che dovremmo preoccuparci di tante altre cose invece del glifosato, spieghiamo subito che la scelta di cercare questo pesticida è allo stesso tempo emblematica e di interesse reale per i consumatori. Sul secondo aspetto c’è poco da aggiungere a quanto abbiamo dimostrato in questo anno di analisi: il glifosato ci giunge anche (e in Italia soprattutto) attraverso ciò che mangiamo. E qui arriviamo al valore simbolico del nostro test: dimostrare che se non si cambia rotta nessuno può sentirsi al sicuro. Né può pensare che lo siano i propri figli, neppure se non hanno ancora visto la luce.

TUTTI IN PRIMA FILA

Tra le tante cose da cambiare, come abbiamo cercato di documentare nelle pagine dell’inchiesta di copertina del giornale in edicola, c’è anche l’atteggiamento di chi dovrebbe istituzionalmente difendere i consumatori e invece spesso si macchia di conflitti di interessi che ne ottenebrano il giudizio.
Ecco perché abbiamo scelto di chiedere a voi, cari lettori, di prendere posizione. Aiutarci in una raccolta firme per “costringere” la Commissione europea ad ascoltare i milioni di consumatori che chiedono a gran voce il ritorno a quel principio di precauzione che era alla base del contratto europeo. Siamo certi che molti di voi fotocopieranno il modulo stampato nel giornale, ne spiegheranno il valore ad amici e parenti, chiedendogli di firmarlo. E ce lo invieranno.
Una bella risposta anche all’ultimo dei benaltristi, quel Vytenis Povilas Andriukaitis che da commissario europeo alla Salute e alla sicurezza alimentare(!) ha spiegato che non c’è motivo di vietare il glifosato. Aggiungendo: “Perché parliamo di pesticidi oggi, ma non degli effetti nocivi del tabacco e dell’alcool?”

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