“Ho chiesto alla mia pediatra cosa dovevo fare per ottenere un aiuto da parte del sistema e lei mi ha detto: Niente, solo per i celiaci è previsto un aiuto. E se io non avessi la possibilità economica per aiutare mio figlio?”. Paola Turco, che vive e lavora a Roma, racconta al Salvagente perché appoggia in pieno la petizione per abbassare l’Iva sui latti vegetali dal 22 al 4%, a partire dalla sua travagliata esperienza personale. “Mio figlio è stato allergico grave al latte da quando aveva venti giorni, ha avuto uno shock anafilattico col mio latte – racconta Paola, che lavora a Radiolibri.it – Siamo andati all’ospedale Bambino Gesù e hanno riscontrato questo problema”. Il figlio di Paola soffriva di una sindrome chiamata Fpies (Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome). Chi ce l’ha vomita e va in diarrea, fino a quando ha uno shock. È molto rara: al tempo in cui la nostra lettrice provava a risolvere il problema del figlio, c’erano solo 2mila casi in tutto il mondo.
La spesa lievita
A Paola i medici consigliano di tenere lontano il figlio da latte e derivati anche dal punto di vista olfattivo. E allora basta con crostate e altri cibi fatti col burro in casa e niente più ristorante per un anno e mezzo. “Per un anno, prima di passare alla soia, abbiamo preso l’idrolizzato, che costa 55 euro per 400 grammi, se sei fortunato quelli più commerciali che costano 25 euro, ma certi bimbi non possono prenderlo, ci durava 7 giorni.  Nessuno ti copriva questa spesa, l‘allergia alimentare non ha nessun tipo di aiuto” spiega Paola Turco. Un sollievo è arrivato dopo un anno, quando il figlio ha cominciato a poter introdurre la soia nel suo organismo: latte, budino, margarina vegetale. Ma i conti a fine mese restano un cruccio: “Facevo una maxispesa sperando negli sconti. In un mese la differenza era comunque di 40-50 euro”. 500-600 euro all’anno non sono pochi. Paola chiede alla sua pediatra, convinta che ci sia un aiuto da parte dello Stato per l’allergia del figlio. Ma la risposta è che l’unico sostegno è per i celiaci.
Allergie in aumento
Dopo due anni, fortunatamente, il figlio di Paola ha potuto ricominciare ad assumere il latte vaccino, ma in alcuni casi la malattia ritorna dopo alcuni anni. E i numeri spingono affinché il problema non rimanga ignorato: “La maestra dell’asilo di mio figlio – continua la nostra lettrice – mi ha detto che hanno almeno due o tre casi di bimbi allergici al latte per classe”. Rimane la domanda: perché le allergie al latte non hanno un sostegno? Perché devono avere l’Iva al 22% come i beni di lusso invece che al 4% come il latte vaccino? Per spingere il governo a occuparsi della questione, è possibile firmare e sostenere la petizione promossa dal Salvagente su Change.org, “L’intolleranza non è un lusso: abbassate l’Iva dal 22 al 4% sul latte vegetale”.